Picasso a Palazzo Te. Poesia e Salvezza
5 settembre 2024 - 6 gennaio 2025
A Mantova dal 5 settembre 2024, la mostra Picasso a Palazzo Te.
Poesia e Salvezza, a cura di Annie Cohen-Solal, presenta al pubblico circa 50 opere del Maestro simbolo del Novecento, alcune eccezionalmente esposte in Italia per la prima volta.

Prodotta da Fondazione Palazzo Te con la collaborazione del Musée national Picasso-Paris e della famiglia dell’artista, l’esposizione è allestita fino al 6 gennaio 2025 nelle sale monumentali di Palazzo Te in dialogo con gli affreschi di Giulio Romano.

Nel 1930, quattrocento anni dopo la realizzazione della Camera dei Giganti a Mantova, Picasso crea una serie di incisioni dedicate alle Metamorfosi di Ovidio. Ma dietro il confronto dell’artista con la tradizione mitologica si nasconde una straordinaria avventura. Picasso viene inizialmente accolto a Parigi da un piccolo gruppo di poeti allora marginali, tra cui Guillaume Apollinaire. È nella poesia e nel mondo dei poeti che trova i mezzi per superare gli ostacoli legati alla sua condizione di straniero. L’artista naviga magistralmente tra le molteplici tensioni della società francese utilizzando la metamorfosi come strategia. Diventa quindi, a livello estetico, personale e professionale, un artista mercuriale che pochissimi critici, soprattutto in Francia, riescono a decifrare.

Con opere di grande intensità visiva la mostra a Palazzo Te presenta al pubblico un Picasso inedito, radicalmente sconosciutoin risonanza con il nostro contemporaneo.

La mostra fa parte dell’accordo di collaborazione stretto da Fondazione Palazzo Te, Musei Civici con il Comune di Mantova, e Palazzo Reale con il Comune di Milano, per promuovere le due mostre dedicate a Pablo Picasso.

A Milano, dal 20 settembre 2024 al 2 febbraio 2025, Palazzo Reale ha infatti in programma Picasso lo straniero, una mostra co-prodotta con Marsilio Arte con la stessa curatrice Annie Cohen-Solal.

Con il biglietto di ingresso della prima esposizione i visitatori potranno accedere all’altra con il ridotto.

Continua

Tutta la storia del burrascoso legame tra Picasso e la Francia
Racconti da MArte
Quando Pablo Picasso morì a Mougins, in Provenza, l’8 aprile 1973, una valanga di elogi si riversarono su di lui e sulla sua arte.
La Francia, nazione in cui Picasso era vissuto per quasi settant’anni, prese solenni decisioni riguardo al suo lascito. Potendo saldare le imposte di successione attraverso la cessione di opere d’arte, lo Stato francese e i famigliari dell’artista si accordarono per attingere dall’immensa eredità del Maestro una selezione di 200 dipinti, 150 sculture, 3000 disegni, 88 ceramiche e altro ancora, per destinare tutto questo a un Museo nazionale intitolato a Pablo Picasso, che avrebbe poi aperto i battenti a Parigi il 28 settembre 1985.
La storica Annie Cohen-Solal ha voluto riconsiderare questo “grande amore” della Francia per Pablo Picasso mettendosi alacramente al lavoro sulle carte d’archivio e arrivando a conclusioni inattese e per certi aspetti sconcertanti. Contrariamente a quanto comunemente si creda, la Francia dimostrò più volte una sincera e aperta ostilità nei confronti di questo artista “spagnolo”, definito “straniero”, “anarchico” e per giunta esponente di un’“arte incomprensibile”.
Nel 1901 Pablo Ruiz Picasso ‒ che aveva scelto la capitale francese come sua residenza ‒ si trovò immediatamente schedato dalla polizia parigina, che aprì per lui un fascicolo dall’eloquente intestazione: “Straniero n° 74.664”.
L’incartamento verrà periodicamente aggiornato per molti anni, non solo con il vistoso timbro SPAGNOLO (a lettere maiuscole) apposto spesso sulle carte, ma anche con giudizi che denotano la diffidenza politica nei suoi confronti, il disprezzo per la sua arte e persino toni d’autentica xenofobia: “Non ha prestato servizio militare nel nostro paese durante il conflitto nel 1914”, è “pittore sedicente moderno”, fa “apologia dei Soviet”, è “anarchico sorvegliato dalla prefettura” e poi “parla malissimo il francese, a malapena riesce a farsi capire”.
Nonostante queste ostilità, lo “straniero” Picasso in Francia stava macinando capolavori. A Parigi aveva dipinto Les Demoiselles d’Avignon (1907). Nel 1929 le aveva proposte in dono al Louvre, ma il museo sdegnosamente rifiutò. Poi arrivò Guernica (1937), che l’artista dipinse travolto dall’orrore della guerra civile spagnola in una Francia però completamente indifferente a quella tragedia fratricida, anticamera dell’ecatombe del conflitto mondiale.
Nel 1940 Picasso tentò di ottenere la naturalizzazione francese ma la sua aspirazione venne stroncata. Questa la motivazione: “Straniero privo di titoli per ottenere la naturalizzazione; comunque, visto quanto precede, dev’esser considerato estremamente sospetto”.
Nel 1942 accadde di peggio. Per rinnovare il permesso di soggiorno francese fu costretto a specificare: “Io sottoscritto dichiaro sul mio onore di non essere ebreo”.
La scoperta della precarietà in cui visse l’artista e degli ostacoli che si trovò a superare lungo il suo percorso di vita in Francia sono la trama non solo del libro di Annie Cohen-Solal, Picasso. Una vita da straniero (Marsilio, 2024) ma anche dell’originalissima mostra a esso ispirato, curata sempre da Annie Cohen-Solal assieme a Cécile Debray e allestita dal 20 settembre 2024 al 2 febbraio 2025 al Palazzo Reale di Milano. Intitolata Picasso lo straniero, la rassegna è promossa dal Comune di Milano ‒ Cultura, prodotta da Palazzo Reale con Marsilio Arte e realizzata grazie alla collaborazione del Musée national Picasso di Parigi, del Palais de la Porte Dorée e del Musée National de l’Histoire de l’Immigration.
Picasso lo straniero presenta un’ottantina di opere dell’artista, oltre a documenti, fotografie, lettere e video, provenienti dal Museo Picasso di Parigi e dal Musée National de l’Histoire de l’Immigration di Parigi. Un percorso estetico e storico che invita a riflettere sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza avendo come perno la figura e l’opera di Pablo Picasso che, nonostante la Francia fosse diventata la sua casa e la sua fama avesse dato lustro a questa nazione, non otterrà mai la cittadinanza francese. Tardivamente (1958), in effetti, gliela proposero. Ma a questo punto fu lui stesso a non volerne più sapere.

Marco Carminati

Continua

Iscriviti, la nostra newsletter ti aspetta!

Iscriviti subito per rimanere aggiornato su mostre, eventi, artisti, libri.

Registrandoti confermi di accettare la nostra privacy policy.