A cura di Marlene Dumas e Caroline Bourgeois
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Da domenica 27 marzo 2022 a domenica 8 gennaio 2023 Palazzo Grassi presenta “openend”, la prima grande mostra personale di Marlene Dumas in Italia, nell’ambito del programma di esposizioni monografiche dedicate a grandi artisti contemporanei organizzate dalla Pinault Collection. Marlene Dumas (1953, Città del Capo, Sudafrica) ha scelto personalmente il titolo della mostra che spiega così:
La mostra è curata da Marlene Dumas con Caroline Bourgeois e presenta oltre 100 opere, provenienti dalla Collezione Pinault e da musei internazionali e collezioni private, tracciando un percorso incentrato sulla produzione recente dell’artista, con una selezione di dipinti e disegni che vanno dal 1984 a oggi, compreso un nucleo di opere realizzate in occasione dell’esposizione veneziana. La mostra si articola su entrambi i piani espositivi di Palazzo Grassi e ripercorre i temi fondanti della ricerca artistica di Marlene Dumas attraverso un ritmo poetico, a volte più serrato, a volte più arioso, con opere di piccole dimensioni che si alternano ad altre molto grandi, come se l’allestimento intendesse rifarsi alla stessa definizione di poesia data dall’artista:
Marlene Dumas, considerata un’artista di grande influenza nel panorama artistico contemporaneo, nasce nel 1953 a Città del Capo, Sudafrica dove cresce e studia belle arti durante il regime dell’apartheid. Nel 1976 si trasferisce in Europa per proseguire gli studi e si stabilisce ad Amsterdam, dove ancora oggi vive e lavora. Marlene Dumas oggi lavora principalmente con olio su tela e inchiostro su carta. La maggior parte della sua produzione è costituita da ritratti e figure umane che rappresentano l’intero spettro di emozioni umane.
Un aspetto cruciale del lavoro di Dumas è l’uso delle immagini dalle quali trae ispirazione, provenienti da giornali, riviste o film, che siano fotogrammi cinematografici o polaroid scattate personalmente. Del suo lavoro dichiara: “Sono un’artista che utilizza immagini di seconda mano ed esperienze di primo ordine”. L’amore e la morte, le questioni di genere e razziali, l’innocenza e la colpa, la violenza e la tenerezza: sono questi alcuni dei temi del suo lavoro, in cui la sfera intima si combina con istanze sociopolitiche, fatti di cronaca o la storia dell’arte. La sua produzione è basata sulla consapevolezza che il flusso senza fine di immagini da cui siamo investiti quotidianamente interferisce sulla percezione di noi stessi e sulla nostra modalità di leggere il mondo. Negli ultimi anni il suo lavoro si è rivolto anche alla letteratura e alla poesia, da Shakespeare a Baudelaire, da cui l’artista trae ispirazione.
“Ho riflettuto molto su ciò che lega tra loro le mie opere e per trovare un titolo che riflettesse anche il mio stato d’animo e la mia percezione del mondo che mi circonda. Ho pensato al lockdown, al fatto di essere chiusa dentro casa, ai musei chiusi al pubblico e a Palazzo Grassi che dovrà essere aperto per accogliere questa mostra. Poi ho pensato alla parola “open”, aperto, e al modo in cui i miei dipinti siano aperti a diverse interpretazioni. Nelle mie opere lo spettatore vede immediatamente ciò che ho dipinto, ma non ne conosce ancora il significato. Dove comincia l’opera non è dove termina. La parola “end”, fine, che nel contesto della pandemia ha le proprie implicazioni, è al contempo fluida e melancolica.”
La mostra è curata da Marlene Dumas con Caroline Bourgeois e presenta oltre 100 opere, provenienti dalla Collezione Pinault e da musei internazionali e collezioni private, tracciando un percorso incentrato sulla produzione recente dell’artista, con una selezione di dipinti e disegni che vanno dal 1984 a oggi, compreso un nucleo di opere realizzate in occasione dell’esposizione veneziana. La mostra si articola su entrambi i piani espositivi di Palazzo Grassi e ripercorre i temi fondanti della ricerca artistica di Marlene Dumas attraverso un ritmo poetico, a volte più serrato, a volte più arioso, con opere di piccole dimensioni che si alternano ad altre molto grandi, come se l’allestimento intendesse rifarsi alla stessa definizione di poesia data dall’artista:
“La poesia è una scrittura che respira e fa dei balzi, e che lascia spazi aperti per consentirci di leggere tra le righe.”
Marlene Dumas, considerata un’artista di grande influenza nel panorama artistico contemporaneo, nasce nel 1953 a Città del Capo, Sudafrica dove cresce e studia belle arti durante il regime dell’apartheid. Nel 1976 si trasferisce in Europa per proseguire gli studi e si stabilisce ad Amsterdam, dove ancora oggi vive e lavora. Marlene Dumas oggi lavora principalmente con olio su tela e inchiostro su carta. La maggior parte della sua produzione è costituita da ritratti e figure umane che rappresentano l’intero spettro di emozioni umane.
Un aspetto cruciale del lavoro di Dumas è l’uso delle immagini dalle quali trae ispirazione, provenienti da giornali, riviste o film, che siano fotogrammi cinematografici o polaroid scattate personalmente. Del suo lavoro dichiara: “Sono un’artista che utilizza immagini di seconda mano ed esperienze di primo ordine”. L’amore e la morte, le questioni di genere e razziali, l’innocenza e la colpa, la violenza e la tenerezza: sono questi alcuni dei temi del suo lavoro, in cui la sfera intima si combina con istanze sociopolitiche, fatti di cronaca o la storia dell’arte. La sua produzione è basata sulla consapevolezza che il flusso senza fine di immagini da cui siamo investiti quotidianamente interferisce sulla percezione di noi stessi e sulla nostra modalità di leggere il mondo. Negli ultimi anni il suo lavoro si è rivolto anche alla letteratura e alla poesia, da Shakespeare a Baudelaire, da cui l’artista trae ispirazione.
“La poesia è una scrittura che respira e fa dei balzi, e che lascia spazi aperti per consentirci di leggere tra le righe.”
Marlene Dumas
Il lavoro di Marlene Dumas si concentra sulla rappresentazione delle figure umane alle prese con i paradossi delle emozioni più intense: “La pittura è la traccia del tocco umano, è la pelle di una superficie. Un dipinto non è una cartolina.” Come lei stessa dichiara e come sottolinea Ulrich Loock, nel suo testo in catalogo, “Alcuni criteri per la scelta delle immagini per la pittura trovano radici nella biografia di Dumas […]. Ma possono essere decisive anche condizioni molto più generali, come ad esempio la giovinezza passata sotto il regime dell’apartheid e una conseguente sensibilità per la situazione dei «dannati di questa terra», tutti coloro che sono stati privati dei propri diritti in Congo, in Algeria o in Palestina, una sostanziale presa di posizione politico-morale contro il razzismo e la discriminazione sessuale, per un «erotismo» che risponde alla propria «urgenza verso forze di vita indisciplinate e possibilità, contro formulazioni sistematiche sobrie». Se le questioni morali stimolano, è la consapevolezza di come esse sono vissute da e attraverso il corpo ad essere al centro della sua ricerca artistica.”
Aggiunge Elisabeth Lebovici, sempre in catalogo, “Se le figure ritornano, è perché erano già venute. Forse non qui a Palazzo Grassi, dove sono esposte per la prima volta. Ma sono già state qui, almeno in un’occasione, non tanto come dipinti quanto piuttosto come immagini. Questo è un modo di procedere abituale per Marlene Dumas e per la generazione di pittori e fotografi che lavorano su e da immagini e testi stampati. […] Questo modus operandi di «ritorno» indiretto permette, come dice la stessa Dumas, di «dipingere qualsiasi cosa senza chiedere il permesso al soggetto fotografato in origine e senza dover trattare con lui, perché il “modello” – ossia ogni genere di fotografia – è diventato proprietà della massa. Non è necessario trovarsi nel luogo in cui si svolge la scena.” Dedicando a Marlene Dumas la più ampia esposizione dell’artista in Italia, Palazzo Grassi intende condividere con il pubblico un percorso espositivo e un programma di appuntamenti e contenuti speciali inediti di approfondimento su una delle figure più significative dell’arte contemporanea.
L’esposizione è accompagnata da una pubblicazione disponibile gratuitamente con testi curati da Marlene Dumas, da un podcast con la partecipazione dell’artista e altri ospiti e da un catalogo pubblicato in coedizione da Palazzo Grassi – Punta della Dogana in collaborazione con Marsilio Editori, Venezia e presenta i testi di Elisabeth Lebovici, Ulrich Loock e Caroline Bourgeois.
Foto cover: She speaks 2015–2016. ©️ Marlene Dumas,
Courtesy of David Zwirner, New York/Hong Kong.
Aggiunge Elisabeth Lebovici, sempre in catalogo, “Se le figure ritornano, è perché erano già venute. Forse non qui a Palazzo Grassi, dove sono esposte per la prima volta. Ma sono già state qui, almeno in un’occasione, non tanto come dipinti quanto piuttosto come immagini. Questo è un modo di procedere abituale per Marlene Dumas e per la generazione di pittori e fotografi che lavorano su e da immagini e testi stampati. […] Questo modus operandi di «ritorno» indiretto permette, come dice la stessa Dumas, di «dipingere qualsiasi cosa senza chiedere il permesso al soggetto fotografato in origine e senza dover trattare con lui, perché il “modello” – ossia ogni genere di fotografia – è diventato proprietà della massa. Non è necessario trovarsi nel luogo in cui si svolge la scena.” Dedicando a Marlene Dumas la più ampia esposizione dell’artista in Italia, Palazzo Grassi intende condividere con il pubblico un percorso espositivo e un programma di appuntamenti e contenuti speciali inediti di approfondimento su una delle figure più significative dell’arte contemporanea.
L’esposizione è accompagnata da una pubblicazione disponibile gratuitamente con testi curati da Marlene Dumas, da un podcast con la partecipazione dell’artista e altri ospiti e da un catalogo pubblicato in coedizione da Palazzo Grassi – Punta della Dogana in collaborazione con Marsilio Editori, Venezia e presenta i testi di Elisabeth Lebovici, Ulrich Loock e Caroline Bourgeois.
Foto cover: She speaks 2015–2016. ©️ Marlene Dumas,
Courtesy of David Zwirner, New York/Hong Kong.
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