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A Venezia rivive lo straordinario soffitto ligneo dipinto da Giorgio Vasari

di Redazione

Nell’anno in cui si celebra il 450esimo anniversario della morte di Giorgio Vasari, le Gallerie dell’Accademia di Venezia accolgono la ricomposizione integrale del soffitto ligneo dipinto dal pittore e storico dell’arte aretino per la sede lagunare di Palazzo Corner Spinelli

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Galileo sosteneva che la scienza procede per tentativi ed errori, in una formula ripresa, secoli dopo, dal filosofo Karl Popper. Non è forse diverso dalla scienza il procedere della storia dell’arte: un cammino fatto, spesso, di ostacoli, bivi e contraddizioni. È questa la storia di uno dei più straordinari capolavori veneziani del pittore, scrittore e biografo aretino Giorgio Vasari. A partire, infatti, da un singolo frammento del complesso comparto dipinto da Vasari a Venezia, due studiose, Rossella Cavigli e Luisa Caporossi, sono riuscite, nel 2014 a ricomporre l’insieme, grazie, parallelamente, alla ricerca e all’impegno infaticabile di Giulio Manieri Elia, direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, che a questa impresa incredibile ha dedicato più di vent’anni della sua carriera.
Nel 1542, Giorgio Vasari è a Venezia e dipinge il soffitto ligneo di una camera, la cosiddetta camera nova, per il palazzo che il nobile e influente Giovanni Corner aveva da poco acquistato sul Canal Grande.
Il soffitto si compone di nove tavole raffiguranti un Trionfo delle Virtù: al centro domina la Carità, sui lati più lunghi la Speranza e la Fede, su quelli più corti la Pazienza e la Giustizia, mentre negli angoli sono collocati quattro Putti con tabella, una tabella vuota, su cui tutto può ancora essere scritto, in un tempo sospeso che è il cielo plumbeo su cui si stagliano i protagonisti e le figure di questa narrazione.
Già sul finire del Settecento le tavole vengono smembrate dal soffitto e finiscono sul mercato dell’arte, sia all’estero che in Italia. Grazie a una campagna di fundraising imponente del Ministero della Cultura, che ha coinvolto molte realtà private, si è giunti, oggi, alla ricomposizione delle tavole di Vasari (mancano all’appello solo due frammenti della Fede e un Putto), riallestite dal 28 agosto scorso, a soffitto, lungo la loggia palladiana delle Gallerie dell’Accademia, dove saranno esposte permanentemente come parte della collezione museale.
All’interno di un intricato puzzle di ritrovamenti e pezzi mancanti, v’è un tassello in particolare che ha permesso di ricostruire e poter ammirare oggi, dopo quasi cinque secoli, il meraviglioso soffitto.
Nel 1980, infatti, lo Stato acquista un dipinto, Il Suicidio di Giuda per la casa Vasari ad Arezzo. “Le affinità e le assonanze con il soffitto veneziano appaiono evidenti sin da subito” – racconta Luisa Caporossi –, “ma per decenni il dipinto viene considerato testimonianza di una seconda sconosciuta decorazione veneziana di Vasari, non ritenendo possibile che un Giuda potesse far parte di un soffitto con Virtù”.
La possibilità di mettere a confronto, con il restauro, tutte le tavole dipinte da Vasari a Venezia allora a disposizione – meno quella della Speranza, che ancora era a Londra – metteva subito in evidenza che esse avevano caratteristiche costruttive e figurative identiche, come la balaustra presente su tutte.
“Sicuramente gli spazi rimasti vuoti attorno alla tavola centrale del soffitto ospitavano altre parti dipinte, e, molto probabilmente, il Giuda doveva, in qualche modo, trovare lì il suo posto” – osserva Rossella Cavigli, che ha curato il restauro delle tavole –, “ma ci siamo rese conto solo accostando la foto, ritrovata in archivio, della Speranza con quella del Giuda di Arezzo, che l’ipotesi di Luisa di collegare, come nei Trionfi dei Tarocchi Visconti, la Speranza al Giuda in quanto personificazione della Disperazione era la pista giusta: si trattava dello stesso dipinto. Un lembo rosa dell’abito della Virtù continuava nel dipinto toscano, e parte del pennacchio rosso dell’elmo del soldato ai piedi del Giuda era ancora visibile sul bordo del dipinto inglese”.
Come ricorda Luisa Caporossi, “i ragionamenti su quel dipinto li facevamo nella stanza che un tempo era stata l’ufficio di Anna Maria Maetzke, la storica dell’arte e Soprintendente di Arezzo artefice dell’acquisto del Giuda [scomparsa nel 2004], e che indegnamente era da alcuni mesi diventata il mio ufficio. Così nello stesso luogo in cui era iniziato il ritorno verso casa del Giuda il percorso si completava”.
La tavola aretina non costituisce, dunque, una raffigurazione del suicidio di Giuda, ma una personificazione del concetto della Disperazione, secondo una tradizione iconografica consolidata che mostra il disperato nel momento in cui decide di darsi la morte. Le Virtù dipinte da Vasari, identificabili attraverso attributi simbolici, sono accostate, perciò, ad altre figure poste a corollario che esprimono un concetto associato o contrastante con il tema principale.
È dunque un solo dettaglio, ovvero la corretta attribuzione di un esempio negativo, il Giuda che si toglie la vita, all’apparato decorativo del soffitto, ad aver fornito la chiave interpretativa dell’iconologia dei singoli comparti, attribuendo nuovo significato all’unità della composizione.
“Un evento che pochi musei al mondo possono vantare e che corona un lungo lavoro di acquisizione, restauro, studio preliminare e progettazione del riassemblaggio dei comparti dell’insieme”, sottolinea il direttore delle Gallerie dell’Accademia, Giulio Manieri Elia.
Proprio il direttore seguì l’acquisto della Speranza, di proprietà dell’editore austriaco, naturalizzato britannico, Weidenfeld. “Mi recai a Londra” ‒ ricorda nel volume edito da Marsilio Arte ‒ “a prenderne visione grazie al supporto di Nicolas Penny, già direttore della National Gallery di Londra, che mi introdusse in casa Weidenfeld, insieme ad alcuni operai del museo londinese venuti per movimentare l’opera. Collocata come sovrapporta nello studio del noto editore, era accompagnata, sulla parete, da una insolita parata – per una persona di origine ebraica – di ritratti di pontefici romani del Cinque e Seicento. L’acquisto, che ebbe in questa occasione un testimonial d’eccezione nella persona del premio Oscar James Ivory, fu molto rapido e si concluse nel luglio 2017, avvalendosi di un consistente contributo ministeriale e della pronta disponibilità economica di Venetian Heritage e di Venice in Peril Fund”.
Un’operazione impensabile fino a qualche tempo fa, che riporta Vasari a Venezia 450 anni dopo la sua morte.

INFO
GALLERIE DELL’ACCADEMIA
Campo della Carità 1050, Venezia
https://gallerieaccademia.it/

Cover photo: il soffitto vasariano ricomposto alle Gallerie dell’Accademia, Venezia. Installation view, photo Matteo de Fina

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