La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia rende omaggio a Marina Apollonio, esponente dell’Arte ottica e cinetica internazionale, con una mostra che ripercorre la sua storia e il legame con la “padrona di casa” Peggy Guggenheim. Classe 1940, Apollonio si distingue per la rigorosa ricerca applicata alle forme e ai materiali, come ben evidenziato dal centinaio di opere esposte, che testimoniano la trasversalità del suo linguaggio, fra scultura, disegno, pittura, interventi statici e in movimento. Vi proponiamo alcune riflessioni della curatrice Marianna Gelussi tratte dal catalogo targato Marsilio Arte
Per un eros dell’Arte programmata
«Ogni mia ricerca plastica vuole essere un’indagine sulle possibilità fenomeniche di forme e strutture elementari. La forma elementare ha in sé l’astrazione totale in quanto è costituita da un programma matematico. Su questa base l’azione si svolge con assoluto rigore in un rapporto diretto tra intuizione e verifica: intuizione a livello ottico e verifica su sistema matematico.
Scelta una forma primaria, quale ad esempio il cerchio, ne studio le possibilità strutturali per renderla attiva cercando il massimo risultato con la massima economia» [Marina Apollonio, in Marina Apollonio, dépliant della mostra, Centro Arte Viva Feltrinelli, Trieste, 1966].
Così Marina Apollonio, in un testo scritto nel 1966 in occasione della prima personale al Centro Arte Viva Feltrinelli di Trieste, descrive la propria pratica artistica, fin dal principio attratta dal linguaggio razionale oggettivo della geometria, dal cerchio in particolare, che diventerà il suo tema fétiche. […]
Contagiata dal «virus dell’arte», come le piace ricordare, intraprende il suo personale, rigoroso percorso individualmente, senza aderire ad alcun gruppo e senza l’appoggio del padre, allora direttore dell’Archivio Storico della Biennale (ragione per cui la famiglia si trasferisce a Venezia nel 1948), preoccupato dalle difficolta materiali di questa scelta («farai la fame!») e dai possibili sospetti di nepotismo (sarà sistematicamente esclusa dalle mostre che lo vedono implicato). Nel marzo del 1965 vince ciononostante il Chiodo d’oro a Palermo, al quale segue la personale l’anno seguente, con Rilievo sbarra 04 del 1964, andato distrutto, presentato a insaputa sua e del padre dall’artista Getulio Alviani, «sottilissimo intreccio di lamine metalliche, un campo visivo a spazio alterno e vibrato nelle luci angolari in un itinerario di suggestiva intermittenza: luce + frazioni di tempo e di linee [Il Chiodo d’oro, in «L’Ora», 12-13 marzo 1965; articolo conservato negli archivi dell’artista., come descritto nella notizia pubblicata da «L’Ora»]. Nel 1965 riceve anche l’invito alla terza edizione di Nova tendencija a Zagabria, dove espone due collage fotografici, Dinamica circolare 5/CP e Dinamica circolare 5/CN del 19656. Lo spazio interno del cerchio appare strutturato secondo un sistema progressivo di cerchi in bianco e nero dallo spessore gradualmente variabile attorno a un centro sfasato che dà profondità e infonde un senso di straniamento nell’attrazione contemplativa. La cromia inversa delle due opere, una su fondo bianco e l’altra su fondo nero, forma un dittico positivo/negativo, una poetica di contrapposti che l’artista adotta come principio creativo e declina ampiamente negli anni successivi. Da qui in poi il suo cammino, ormai tracciato, subisce un’accelerazione: Zagabria le apre l’orizzonte internazionale e segna l’incontro con l’artista milanese Dadamaino, alla quale rimarrà legata da una sincera amicizia, sodalizio prezioso in un ambiente, quello artistico, composto prevalentemente da uomini. Ne seguono numerose partecipazioni a eventi, mostre personali (Dadamaino e tra l’altro l’iniziatrice, insieme ad Alviani, della personale alla galleria del Cenobio di Milano nel 19677) e collettive, in Italia e all’estero, insieme alla costellazione di artisti che compone l’avanguardia programmata e cinetica.
L’opera di Apollonio prende corpo in un processo di continua progettazione matematica, di sperimentazione tecnica lungo diverse traiettorie di ricerca, su diversi supporti, una realizzazione minuziosa che richiede tempo, precisione e, nel caso della pittura, molteplici stesure di colore, spellicolature. Elementi costanti dell’opera: il programma, la ricerca di dinamismo, l’essenzialità, un’asciuttezza che rifugge ogni spettacolarità, la volontà di spingersi sempre oltre. […]
Fin dai primi disegni del 1963 il cerchio si impone come forma di predilezione: «Se per Mondrian la scelta e la linea retta, per Apollonio la scelta e la linea curva» scrive un giornale nel 1967, in occasione della sua mostra al Cenobio di Milano [Gian Franco Arlandi, Apollonio al Cenobio di Milano, in [?], 1967, ritaglio di giornale conservato negli archivi dell’artista].
La ricerca d’attivazione del cerchio dà vita alle Dinamiche circolari, serie di opere ormai iconica che dal 1963 l’artista prosegue fino a oggi e porta a nuovi sviluppi con le Fusionicircolari, a partire dal 2016. Il cerchio, programmato in tessiture grafiche per lo più in bianco e nero, anelli concentrici o eccentrici dallo spessore progressivo/digressivo, archi di cerchio trasformati e organizzati, esce dalla bidimensionalità, la percezione spaziale alterata da una pulsione «attrattiva-espansiva e fluido-elastica» [Marina Apollonio, Ricerche di attivazione visuale, in Marina Apollonio, brochure della mostra, Il Cenobio, Milano, 1967, s.p.] per usare le parole dell’artista. Concepite come oggetti statici o dinamici – dove la rotazione meccanica o manuale accentua l’impatto percettivo – le Dinamiche circolari spingono il cerchio oltre i limiti della superficie, prendono vita negli occhi dello spettatore. La ricerca spaziale a partire dal cerchio muove la forma verso nuove dimensioni, si espande oltre la cornice e trova il proprio compimento nella concezione di ambienti come Spazio ad attivazione cinetica, progettato tra il 1967 e il 1971, realizzato per la prima volta nel 2007 in occasione della mostra Op Art alla Schirn Kunsthalle di Francoforte13 o Entrare nell’opera qui alla Collezione Peggy Guggenheim: lo spettatore si trova immerso nel vortice innescato da un dispositivo di tre proiezioni su pareti contigue, ognuna riproducente un movimento rotatorio ondulato di tessiture in bianco e nero che si incontrano e si fondono l’una nell’altra. […]
La ricerca tridimensionale e spaziale sulla base del cerchio, moltiplicato, ordinatamente assemblato, conquista da subito anche la scultura. La scelta dell’acciaio aggiunge all’iterazione della forma il potere riflettente del metallo. Cosi le Strutture, composizioni ieratiche di circoli metallici sovrapposti, e le Spirali, realizzate tra il 1966 e il 1969, catturano e frammentano l’ambiente intorno, in perenne trasformazione, si fondono al tempo stesso nello spazio; la Struttura ad anelli 5 rotante motorizzata realizzata attorno al 1972, cinque cerchi sottili assemblati ad angolo retto, nel movimento, genera nuove forme nell’aria, il rapporto tra l’angolo e il cerchio virtualmente trasformato. […]
Quando le chiedono il motivo del ritorno ossessivo del cerchio, l’artista ribatte spesso in tono scherzoso «avevo un buon compasso»: in parte vero (il prezioso compasso, grazie al quale riesce a tracciare circonferenze fino a due metri di diametro, e tutt’oggi nello studio), l’ironia della risposta tempera l’invece serissima convinzione artistica. […]
La scelta del cerchio, di certo, fa tabula rasa, esprime una forma di radicalità. È una maniera di esplorare le fondamenta, di affermare il rifiuto del già conosciuto e dei canoni prefissati, la volontà di dirigersi verso territori completamente nuovi. È desiderio di ascesa. La sua ripetizione, più che un banale automatismo, è dunque uno slancio fervido, tradisce il piacere per la ricerca e per la scoperta che si afferma e si rafforza […]
Marianna Gelussi
Testo tratto dal catalogo della mostra Marina Apollonio. Oltre il cerchio, Marsilio Arte, Venezia 2024.
BIO
Marianna Gelussi è una curatrice e storica dell’arte indipendente.
INFO
Marina Apollonio. Oltre il cerchio
fino al 3 marzo 2025
COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM
Palazzo Venier dei Leoni
Dorsoduro 701, Venezia
https://www.guggenheim-venice.it/it/
Articoli correlati