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da MArte

Cancellazione culturale, botanica e attivismo nel progetto artistico di Lucia Veronesi

di Lucia Veronesi

Un grande arazzo jacquard, una installazione video e il volume edito da Marsilio Arte: sono questi i “capitoli” de “La desinenza estinta”, il progetto di Lucia Veronesi vincitore della dodicesima edizione (2023) di Italian Council, il programma che promuove l’arte contemporanea italiana nel mondo. Ad accoglierlo sono le collezioni civiche di Ca’ Pesaro a Venezia e a raccontarlo è l’artista stessa fra le pagine del libro che ha curato insieme a Paolo Mele e Claudio Zecchi

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La desinenza estinta è un progetto artistico sulla cancellazione culturale che si sviluppa su tre livelli.
Il primo si ispira a uno studio sulle lingue indigene e sulla perdita delle conoscenze medicinali condotto da Rodrigo Cámara-Leret e Jordi Bascompte dell’Università di Zurigo.
La loro ricerca ha interessato tre macroaree: Nordamerica, Nordovest dell’Amazzonia e Nuova Guinea. Gli indigeni di queste zone si tramandano gli usi delle piante medicinali soltanto oralmente. Molte piante e i corrispettivi usi farmaceutici sono noti solo in certe lingue. Se queste lingue si estinguessero, anche il sapere che custodiscono sparirebbe, e così le piante: continuerebbero a esistere sulla Terra, ma nessuno sarebbe più in grado di riconoscerle, nominarle e usarle. Si stima che il trenta percento delle lingue si estinguerà entro la fine del XXI secolo: il sapere medicinale delle culture indigene è fortemente minacciato.
Le piante prese in considerazione dalla Desinenza estinta provengono dal Nordovest dell’Amazzonia. Sono riportati qui i loro nomi indigeni e le rispettive lingue, l’area geografica, il grado di estinzione di ogni lingua, il nome scientifico della pianta e il suo uso medico.
Per i nomi indigeni delle piante, l’impiego medicinale e i nomi delle popolazioni si è fatto riferimento a The Healing Forest. Medicinal and Toxic Plants of the Northwest Amazonia di Richard Evans Schultes e Robert F. Raffauf. I nomi scientifici, i nomi delle lingue e il loro grado di estinzione sono ripresi dalla ricerca di Cámara-Leret e Bascompte. Per valutare il grado di minaccia delle lingue, i due studiosi hanno consultato come fonte principale Glottolog, che ricava l’AES (Agglomerated Endangerment Status) dai database di Atlas of the World’s Languages in Danger dell’UNESCO e di Ethnologue. Languages of the World del SIL International (Summer Institute of Linguistics).
A questo primo livello sono ispirate le immagini dei collage botanici, accompagnati da brevi didascalie.
Il secondo livello di cancellazione riguarda le donne che si sono occupate di botanica dal Settecento al Novecento. Si tratta di scienziate e artiste-illustratrici che, in patria o in paesi esotici, hanno raccolto esemplari di piante ignote, li hanno classificati, catalogati, studiati, disegnati, dipinti. Molte di loro sono state espunte dai libri di storia, oppure hanno dovuto lottare duramente per ottenere un inquadramento professionale o accademico. Storie di donne che, seppur diverse per formazione e per estrazione sociale, hanno lavorato gratuitamente per anni, hanno avuto riconoscimenti tardivi, si sono travestite da uomo per poter partecipare a spedizioni scientifiche, sono state escluse da missioni botaniche perché non ritenute adatte in quanto donne.
Un esempio fra i tanti possibili è quello di Katharine Dooris Sharp, nata in Irlanda nel 1846 e trasferitasi negli Stati Uniti, in Ohio. Senza una preparazione scientifica, scrittrice, suffragetta attiva, diede un apporto sostanziale alla botanica, ma poco riconosciuto. Contribuì all’Ohio State Herbarium con quattrocentoquarantasette specie raccolte e catalogate. Viaggiò negli Stati Uniti e in Europa, collaborando a varie riviste, e firmò articoli a favore del diritto di voto femminile. Nel 1913 pubblicò Summer in a Bog, resoconto di un’estate trascorsa in una remota palude del Massachussetts. «Mentre per l’uomo» scrisse, «la strada verso la conquista scientifica è ampia e ben spianata da secoli, di solito per la donna, quando osa percorrerla, ci sono sguardi di traverso e un’accoglienza fredda.»
Alla maggior parte delle botaniche qui menzionate, ed evocate dai collage, furono dedicati uno o più nomi di specie di piante, spesso a partire dai loro cognomi da sposate. Perciò in queste pagine figurano anche i loro cognomi da nubili.
I primi due livelli della Desinenza estinta hanno fra loro un rapporto simile a una proporzione matematica: le lingue stanno alle piante come i nomi delle botaniche stanno alla storia della scienza.
La desinenza estinta trova la sua sintesi formale nella realizzazione di un video in stop-motion e di un grande arazzo tessuto su un telaio Jacquard.
Il terzo livello del progetto si connette così idealmente all’esempio fecondo di Hannah Ryggen, una delle artiste norvegesi più importanti del Novecento, che nei suoi arazzi seppe far convergere istanze politiche e soluzioni formali. Ryggen elevò la tecnica della tessitura ai gradi più sofisticati dell’arte contemporanea; era anche un’attivista che spesso usava il mezzo artistico per denunciare ingiustizie sociali e politiche. I suoi lavori, fatti interamente a mano con l’utilizzo di un telaio verticale, sono enormi manifesti in cui astrazione e figurazione costruiscono una narrazione complessa, all’altezza delle più avanzate ricerche artistiche del suo tempo. Nei suoi arazzi, l’elemento tessile stesso è un ingrediente ricavato dal paesaggio norvegese, che così entra nel suo lavoro concretamente, intensificando il rapporto delle immagini con la natura. La sua ricerca si può leggere come una riflessione eco-filosofica: la relazione fra esseri umani e ambiente naturale coinvolge sia i soggetti rappresentati sia la materia organica di cui sono fatti gli arazzi e le condizioni in cui sono stati realizzati.
Questo volume non si propone, infine, di colmare un vuoto scientifico o culturale di secoli di storia, ma agisce piuttosto come strumento di ricerca visiva, complementare al lavoro sviluppato con l’arazzo e il video.
Questi tre “oggetti” dialogano tra di loro e si integrano l’uno con l’altro. La pubblicazione, in particolare, restituisce nel suo complesso un percorso di ricerca annuale compiuto tra Londra, Zurigo e Trondheim, senza ripercorrerne le tappe in sequenza cronologica. Ogni aspetto registrato in questi tre momenti è un filo che s’intreccia in una storia più ampia e complessa; una storia allo stesso tempo locale e universale, le cui ricadute formali, tra collage di piante e di botaniche, video e lavori in tessuto, aprono a nuovi paradigmi visivi, a nuove composizioni figurali e cromatiche.

Lucia Veronesi

Testo tratto dal volume Lucia Veronesi. La desinenza estinta, Marsilio Arte, Venezia 2024.

BIO
Lucia Veronesi è artista visiva. Tra le sue mostre più recenti: Da sola nel bosco, Venezia, È successo il mare, Polignano a Mare, A Bartleby, Venezia.

Cover photo: Lucia Veronesi, La desinenza estinta, 2023. Tessuto jacquard effetto lampasso di trame, cm 300 x 500. Ca’ Pesaro ‒ Galleria Internazionale d’Arte Moderna, acquisizione grazie al XII Italian Council, programma di promozione di arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Contemporanea del Ministero della Cultura

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