Porta la firma di Toto Bergamo Rossi e di Marco Bay il volume pubblicato da Marsilio Arte e ispirato ai giardini veneziani. Tra eventi storici e aneddoti poco noti, Toto Bergamo Rossi ci guida alla scoperta di un libro che narra la città lagunare da un punto di vista insolito
Sono tanti – e spesso nascosti – i giardini che punteggiano la geografia di Venezia. A descriverli, sestiere per sestiere, è Toto Bergamo Rossi – direttore di Venetian Heritage –, nel libro I giardini di Venezia, scritto insieme all’architetto paesaggista Marco Bay e impreziosito dalle fotografie di Marco Valmarana. Ed è proprio Toto Bergamo Rossi a raccontare i dettagli in questa intervista.
I giardini a Venezia sono organismi viventi tutt’altro che secondari. Come descriverebbe il loro ruolo nella storia della città?
I luoghi delegati ai grandi giardini erano Giudecca e Murano. Murano è stata massacrata dalla decadenza ottocentesca, mentre in Giudecca è sopravvissuto qualcosa in più. Purtroppo di giardini storici non ne è rimasto quasi nessuno.
A Venezia i giardini sono incastrati in una città medievale fittissima, dove lo spazio era esiguo e il giardino era una sorta di stravaganza, accessibile solo a chi aveva molti mezzi. I giardini visibili ancora oggi, affacciati sul Canal Grande, sono tutte invenzioni romantiche, di fine Ottocento. Ad esempio, il giardino rappresentato in copertina – quello di Palazzo Malipiero Barnabò – è bellissimo, ma la balaustra in acqua è del 1891, c’era un hangar al posto del giardino e quest’ultimo è stato realizzato nel 1951. Dall’occupazione francese e austriaca fino alla Seconda Guerra Mondiale, la priorità non era certo progettare giardini. C’è voluto Carlo Scarpa per mettere ordine nella tradizione del giardino. I giardini riuniti nel volume sono luoghi da svelare, spesso racchiusi dentro mura domestiche.
Il libro guida il lettore alla scoperta delle aree verdi che costellano la città, sestiere per sestiere. Quali caratteristiche e peculiarità avete deciso di mettere in luce?
Abbiamo incluso un po’ di tutto, dal giardino di palazzo privato a quello adibito a funzioni pubbliche, come Palazzo Soranzo Cappello, sede della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso. Più che altro è una selezione di atmosfere, di gusto, con l’intento di mostrare soprattutto i luoghi più difficilmente visibili e renderli in qualche modo accessibili.
I testi sono accompagnati dalle fotografie di Marco Valmarana. Quale tipo di narrazione emerge da questo volume? A chi si rivolge?
Io per lavoro mi occupo di una Fondazione – Venetian Heritage [N.d.R.] ‒ che promuove il patrimonio dell’arte veneta rivolgendosi a un pubblico ampio. Questo libro è un coffee table book con testi e schede che approfondiscono la storia del singolo giardino, del palazzo e dei suoi abitanti. Ne è un esempio Ca’ Tron – oggi sede del dipartimento di urbanistica dell’università IUAV di Venezia: in passato, in fondo al suo incredibile giardino, esisteva una sala da ballo, un autentico padiglione delle feste, smantellato a metà Ottocento. Inoltre la vicenda di Ca’ Tron è legata a quella di Andrea Tron – soprannominato “el Paron” per il suo enorme potere politico nella Venezia della seconda metà del Settecento – di Caterina Dolfin, grande letterata divenuta sua moglie al culmine di una chiacchieratissima relazione, e della cognata Cecilia Zen Tron, alla quale Caterina lasciò il palazzo.
Negli ultimi anni si è riacceso l’interesse nei confronti dei giardini. Come vede il futuro, da questo punto di vista?
Dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso in poi, c’è stata una sorta di Rinascimento del giardino e si è diffuso un nuovo interesse verso un argomento dimenticato – basti pensare al libro pubblicato da Albrizzi Editore nel 1989, Il giardino veneziano. La storia, l’architettura, la botanica di Mariapia Cunico. Il volume descriveva i giardini dei palazzi, compiendo una operazione che a livello scientifico non era mai stata fatta. O ancora, al recupero del giardino di Palazzo Malipiero da parte di Anna Barnabò, a quello del Giardino delle Vergini da parte della Biennale di Venezia e dei Giardini Reali a opera di Venice Gardens Foundation. L’attenzione è in crescita, anche se un po’ in ritardo rispetto ad altre regioni.
Intervista a cura di Arianna Testino
BIO
Toto Bergamo Rossi, già restauratore specializzato nella conservazione dei materiali lapidei, dal 2010 è direttore di Venetian Heritage, un’organizzazione internazionale non profit con sedi a New York e a Venezia che sostiene iniziative culturali tramite restauri, mostre, pubblicazioni, conferenze, studi e ricerche. Ideatore di numerose mostre e volumi dedicati all’arte veneta, per Marsilio ha pubblicato L’arte di vivere a Venezia (2018), I monumenti dei Dogi. Sei secoli di scultura a Venezia (2020) e I giardini di Venezia (con Marco Bay, 2024).
Cover photo: Palazzo Malipiero Barnabò, San Marco. Photo Marco Valmarana
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