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da MArte

Il libro che racconta la vita a Firenze tra storiche dimore e botteghe artigiane

di Redazione

Livia Frescobaldi descrive la sua città d’origine creando un itinerario inedito nel quale la storia e la sapienza artigiana si mescolano a ricordi e luoghi legati alla propria biografia. Ne abbiamo parlato con l’autrice

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Si intitola Vivere a Firenze Un racconto tra case e botteghe il volume di Livia Frescobaldi edito da Marsilio Arte e dedicato a una delle città più amate al mondo. Arricchito dalle fotografie di Alessandro Moggi ed Eugenia Maffei, il libro racchiude quella che l’autrice definisce una “topografia sentimentale”.

Da quali intenti e necessità trae origine l’idea alla base del volume? E come ha deciso di costruire il percorso che lo caratterizza?
Firenze è una città famosa in tutto il mondo, sinonimo di bellezza sin dal Rinascimento, meta scelta da oltre 10 milioni di turisti l’anno, che accorrono per vedere da vicino capolavori universalmente riconosciuti come il David di Michelangelo, la Primavera del Botticelli o la Cupola del Brunelleschi. Da qualche anno si è diffusa anche la moda di fare l’aperitivo al tramonto sul ponte Santa Trinita, e decine di persone lo riempiono per quella occasione. L’immagine da cartolina è dunque ampiamente consolidata. Da fiorentina, innamorata della sua città, ho provato a raccontare invece cosa c’è dietro a questa vetrina meravigliosa, scegliendo di farlo tramite alcuni luoghi per me speciali, perché intimamente legati alla mia vita. Un binomio tra case e botteghe che permette di scoprire personalità e storie diverse intrecciate tra loro, parte dell’identità culturale della mia città. Il cammino si fa via via attraverso gli eventi connessi alla mia esperienza personale, offrendo un panorama personale e riservato, di cui l’autenticità è il filo conduttore. Il lettore è accompagnato a scoprire quella che potremmo definire una “topografia sentimentale”, riprendendo un termine tratto dalla prefazione del libro di Vernon Lee, Genius Loci.
Il viaggio inizia dal quartiere di Santo Spirito, nel Palazzo Frescobaldi dove sono nata e cresciuta circondata da botteghe artigiane, tuttora attive. Prosegue sulle colline limitrofe al centro, in un ex convento francescano dalla metà dell’Ottocento, residenza e ritrovo di cosmopoliti, dove andai a vivere nella mia adolescenza. Ritorna infine nella zona di Santa Croce, sulla sponda opposta del fiume Arno, storicamente legata alla tinteggiatura delle stoffe. I rimandi tra vita nelle case e vita nelle botteghe sono continui. Sono le mani degli artigiani ad aver creato e a conservare ancora oggi la bellezza che ci rende orgogliosi e ammirati dal resto del mondo, come riteneva Bruno Munari quando affermava che “non ci deve essere un’arte staccata dalla vita: cose belle da guardare e cose brutte da usare”.

Il legame fra la storia – architettonica, familiare, sociale – di una città come Firenze e il mestiere artigiano è un tema cardine. In quali maniere è possibile salvaguardarlo e valorizzarlo nella cornice di un’epoca dominata da processi di produzione e consumo sempre più veloci?
Penso anzitutto che sia necessario considerare l’artigianato come un mestiere in continua evoluzione sia dal punto di vista tecnico, sia dal dialogo che deve instaurare con il contesto in cui vive, perché l’eredità del passato non è sufficiente a garantire la continuità dell’eccellenza di un prodotto.
Per questo dietro all’apparente staticità di queste botteghe (e dei palazzi storici), in realtà panta rei, niente resta immobile, c’è una continua ricerca tecnologica e di stimoli, perché per restare sul mercato non c’è tempo per la nostalgia. Oltretutto la clientela ormai non è più solo locale ma internazionale e tanto più forte è l’incentivo a mantenere alta la qualità. Questa è la sfida principale: sapersi rinnovare facendo della tradizione un punto di forza dal quale partire e non solo qualcosa da preservare. La Costituzione italiana nel 1947 conteneva già questo programma, specificando all’articolo 45 che “la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”. In un mondo globalizzato in cui i prodotti si ordinano su internet e ti vengono consegnati il giorno dopo, lo sforzo principale è quello di educare le nuove generazioni a saper differenziare un oggetto artigianale dagli altri, raccontare la storia di chi e come trasforma la materia per arrivare al risultato finale. Sono ottimista che anche le nuove generazioni, molto più sensibili di noi ai temi della sostenibilità e del riciclo in difesa dell’ambiente, continueranno ad apprezzare l’artigianato e i valori che incarna, quali il rispetto per la materia, il rigore, la pazienza, l’umiltà, il senso di comunità e la creatività.

Il libro propone un insolito itinerario di scoperta della città, a quale pubblico è destinato?
Ho scritto con il cuore questo volume, attingendo dai miei ricordi e dalla mia formazione professionale dedicata alla tutela e promozione del patrimonio culturale, per cui è il mio modo di rendere un tributo agli artigiani, i cui gesti e voci ho impressi nella memoria sin da bambina, e che sono protagonisti, al pari dei padroni di casa, di un mondo ancora oggi espressione di bellezza e di valori. Sono certa che molti lettori, anche di altre città italiane, si ritroveranno in questi racconti. Io parlo di Firenze perché è questa che conosco, ma l’Italia è piena di esempi simili. Mi rivolgo anche ai fiorentini perché, come scrivo nella dedica ai miei figli, non si diventi mai come Ruskin ci aveva descritti nella seconda metà dell’Ottocento, ovvero “indegni custodi di tesori inapprezzati”. Con le inquadrature raffinate, intense e intime dei fotografi Alessandro ed Eugenia, penso che anche un pubblico di cultori dell’estetica possa essere attratto dal volume.  Spero sia anche una guida utile a coloro che ricercano prodotti artigianali, grazie all’indirizzario delle botteghe inserito alla fine del volume. Così come chi ama gli aneddoti e le storie potrà visualizzarli attraverso le immagini nei luoghi dove si sono svolti.

Come immagina il futuro di Firenze? Quale augurio le rivolge?
Il turismo aumenterà in futuro nelle destinazioni d’arte come Firenze, portando con sé benefici e svantaggi con i quali dover convivere. Da qui la necessità di trovare soluzioni che garantiscano il rispetto, tra l’altro, dell’identità storica e imprenditoriale di una città che ha contribuito alla crescita del Made in Italy nel mondo con prodotti di eccellenza, dalla moda, all’enologia all’industria. Se posso esprimere un auspicio, vorrei che nella mia città si rivitalizzassero zone meno centrali, aprendo a giovani talenti nuove aree dove sviluppare progetti architettonici, artistici, civili e sociali in grado di essere apprezzati e vissuti da residenti e stranieri. Così, chissà, tra qualche decennio si potrà raccontare la storia anche di questi nuovi luoghi, e non solo del giustamente celebrato centro storico!

Intervista a cura di Arianna Testino

BIO
Livia Frescobaldi è fiorentina di nascita e per scelta. Cresce a Firenze in Oltrarno, nel quartiere di Santo Spirito. Scopre la sua passione per le arti decorative a Parigi. Rientrata a Firenze, svolge valutazioni di patrimoni artistici nelle più belle dimore italiane e crea l’Associazione Amici di Doccia per la ricerca, la tutela e la promozione della Manifattura Ginori.
È curatrice di mostre e volumi dedicati alla ceramica Ginori, tra cui Gio Ponti. La collezione del Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia (Imola, 2015) e Il Risorgimento della maiolica italiana: Ginori e Cantagalli (Firenze, 2011).

Didascalie immagini:

Bottega d’arte Maselli. Photo Alessandro Moggi e Eugenia Maffei

Camera da letto ricavata dal salone affrescato in Palazzo Taddei. Photo Alessandro Moggi e Eugenia Maffei

Palazzo Melenchini. Photo Alessandro Moggi e Eugenia Maffei

La torre di Arnolfo di Cambio di Palazzo Vecchio vista dal salotto di Ginevra Marchi. Photo Alessandro Moggi e Eugenia Maffei

Palazzo Canigiani. A casa di Tessa Capponi Borawska. Photo Alessandro Moggi e Eugenia Maffei (cover photo)

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