Parole

da MArte

Faccia a faccia con Caravaggio. Parla l’artista Arcangelo Sassolino

di Redazione

In mostra negli spazi della Basilica Palladiana di Vicenza sino al 4 febbraio 2024, l’opera di Arcangelo Sassolino entra in dialogo con due giganti del passato: Caravaggio e Antoon van Dyck. Ci siamo fatti raccontare i dettagli dall’artista

Condividi su

Caravaggio, Van Dyck, Sassolino. Tre capolavori a Vicenza: è questo il titolo della mostra che accoglie i visitatori della Basilica Palladiana. Costruita attorno al nodo del tempo, la rassegna vicentina affianca il San Girolamo di Caravaggio, Le quattro età dell’uomo di Antoon Van Dyck e No Memory Without Loss dell’artista contemporaneo Arcangelo Sassolino, che in questa intervista approfondisce le dinamiche della mostra e ci guida alla scoperta della sua poetica.

In cosa consiste il suo intervento in mostra alla Basilica Palladiana di Vicenza?
Un olio industriale di colore rosso ad alta viscosità spalmato in verticale sulla superficie di un grande disco in acciaio in continua e lenta rotazione. Il moto rotatorio rallenta la caduta del fluido, il quale continua a scivolare, a scorrere, a ricomporsi, a trasformarsi, a mutare incessantemente e senza sosta la propria forma. La rotazione è un tentativo di posticipare l’inevitabile fallimento, di opporsi a una necessità inderogabile. Una sorta di resistenza rispetto alla fine. Le gocce che colano a terra sono la perdita che l’opera deve accettare per poter esistere.

Da quali spunti l’opera prende le mosse e come si relaziona all’idea di tempo, argomento cardine della rassegna?
Da qualche tempo sto lavorando con i fluidi, con olii sintetici derivanti dal petrolio: materiali liquidi o semi liquidi, che hanno trovato una loro stabilità in quello stato da milioni di anni dentro la terra. La condizione del fluido, ciò che lo costituisce come fluido, è per molti versi la negazione stessa della fissità, della determinazione data una volta per tutte. Se liberi un fluido dal contenitore che lo imbriglia, la sua natura lo porta a espandersi, ad adattarsi a nuovi spazi, a invadere le superfici, gli interstizi, a colare… Ecco, ho pensato che un fluido è la materia che più di tutte si avvicina al concetto di tempo. Se usi ad esempio marmo, acciaio, bronzo o legno per rappresentare il movimento o il dinamismo, puoi certo raffigurare un’azione, metterla in scena; ma rimane chiusa dentro il suo statuto rappresentativo, allegorico. Un fluido, invece, è già in se stesso forma/tempo. E lo è in quanto il fluido, di per sé, non ha forma alcuna e proprio per questo può assumere tutte le forme possibili. Come il tempo, il fluido esiste solo nel suo articolarsi, nel suo svolgersi e assumere forma.

Il dialogo con La decollazione di San Giovanni Battista realizzata da Caravaggio ha caratterizzato la sua opera presentata nella cornice del Padiglione Malta alla Biennale di Venezia 2022. Cosa significa, stavolta, condividere lo spazio espositivo con il San Girolamo di Caravaggio e con Le quattro età dell’uomo di Antoon van Dyck?
Caravaggio e Van Dyck sono figure inaggirabili che fanno parte di quel bagaglio storico con il quale qualsiasi artista che voglia muoversi con un minimo di consapevolezza dentro il proprio lavoro deve fare, necessariamente e sempre, i conti. Averli visti negli anni in sale di museo di tutto il mondo, averli studiati, o avere il privilegio di condividere lo stesso spazio espositivo, nello specifico la meravigliosa Basilica Palladiana, non mi fa tanta differenza perché loro sono e restano imprescindibili. La differenza, per quanto possa apparire banale sottolinearlo, è che noi siamo vivi e quindi questo è il nostro turno per dire o tentare di dire qualcosa che abbia un senso oggi, nella nostra contemporaneità. Quelle opere sono straordinarie perché sono riuscite a produrre un senso che è immerso nel loro tempo. Proprio in quanto immerse nelle dinamiche di quel tempo, riescono a parlare anche a noi. Quello che voglio dire è che quelle opere parlano non perché siano fuori dal tempo, ma proprio perché sono l’espressione del tempo. E io credo che questo ci dica che se vogliamo tentare una esperienza che sia in grado di esprimere un senso oggi dobbiamo farlo muovendo dalle dinamiche che innervano il nostro tempo, a partire cioè dal tempo che ci costituisce. Quando debutti con un nuovo lavoro, una volta licenziato, non sai cosa possa succedere, le varianti sono molte. A Vicenza il dialogo fra i tre lavori, mi sembra, dalla reazione del pubblico, stia andando bene: è come se il passato desse luce al contemporaneo. E spero, almeno, un po’ anche viceversa.

Come descriverebbe il dialogo venutosi a creare negli ultimi anni con le opere di Caravaggio?
Caravaggio aveva un’impellente necessità di stare in aderenza con la realtà, nessun orpello nelle sue immagini, la sua condizione e il suo modo di sentire la vita potevano sfociare soltanto in una forma di linguaggio nuovo e visionario. I suoi sono fermoimmagine, scatti fotografici di azioni precise in un momento preciso. Voglio sperare che i curatori, sia nel caso della Biennale di Venezia sia in Basilica a Vicenza, abbiano percepito nella mia pratica questo tentativo di rinunciare a una immagine fissa per far andare in scena l’opera in tempo reale davanti agli occhi dello spettatore. Appunto, un bisogno di aderire al presente mentre si svolge e continua a diventare altro.

Nella sua ricerca, la tecnologia gioca un ruolo importante. Come e quanto influisce sul suo approccio alla materia e al linguaggio dell’arte?
La tecnologia per me è imprescindibile dalla mia pratica, in questo senso non credo di dire nulla di nuovo perché gli artisti in ogni secolo cercano soluzioni sempre nuove per sintetizzare il loro pensiero, hanno bisogno di sfociare in qualcosa di diverso e lo fanno anche usando la tecnologia vigente. L’industria va avanti facendo ricerca, le società si evolvono attorno allo svilupparsi delle varie discipline scientifiche, automaticamente l’arte incrocia tutto questo e lo fa suo. Non credo che Michelangelo per far prima a sbozzare i suoi blocchi di marmo non avesse usato il flessibile e i dischi diamantati, se fossero già stati inventati nel Cinquecento. Io per lo più provengo e lavoro proprio in un territorio veneto che ha fatto della produzione industriale la sua cifra, è un humus da cui non potrei mai svincolarmi.

Qual è invece il ruolo dello spettatore nel momento in cui incontra l’opera esposta a Vicenza?
Come dicevo sopra, una volta licenziato e dato in pasto al mondo in qualche modo quel lavoro non è più tuo. Vive di vita propria e anche dei significati che esso assume nello sguardo di chi vi si pone in relazione. Il problema non è quello di trovare l’interpretazione corretta, la risposta giusta. L’arte non è là fuori per dar risposte, ma proprio per sollevare interrogativi. Io mi fido del pubblico, nel tempo ho sentito di tutto, divagazioni colossali e affermazioni profondissime. E credo sia giusto così. Accade sempre quando si accetta la sfida di uscire dal proprio bozzolo protetto o dalla bolla dove tutti la pensano come la pensi tu. Accade sempre se accetti di esporti alla legge del mondo.

INFO
Caravaggio, Van Dyck, Sassolino. Tre capolavori a Vicenza
fino al 4 febbraio 2024
BASILICA PALLADIANA
Piazza dei Signori, Vicenza
https://www.mostreinbasilica.it

 

Caravaggio, Van Dyck, Sassolino. Tre capolavori a Vicenza, allestimento della mostra alla Basilica Palladiana di Vicenza, 2023. Photo Lorenzo Ceretta

BIO
Arcangelo Sassolino (1967) è nato e vive a Vicenza. Il lavoro di Sassolino prende vita dalla compenetrazione tra arte e fisica. Il suo interesse per la meccanica e per la tecnologia apre a nuove possibilità di configurazione della scultura. Velocità, pressione, gravità, accelerazione, calore costituiscono le basi della sua ricerca sempre protesa a sondare il limite ultimo di resistenza. I lavori consistono solitamente in congegni che generano performances inorganiche. I materiali (spesso di natura industriale) si animano, si consumano, vivono di contrasti, di forze e di conflitti intrinseci, contemplano il rischio del collasso quale parte fondamentale dell’esperienza. Attraverso differenti stati della materia, le opere di Sassolino manifestano uno stato di tensione, sospensione, imprevedibilità, pericolo e sempre possibile fallimento: aspetti altrettanto ineludibili della condizione umana.

Foto cover: Caravaggio, Van Dyck, Sassolino. Tre capolavori a Vicenza, allestimento della mostra alla Basilica Palladiana di Vicenza, 2023. Photo Lorenzo Ceretta

Articoli correlati

Iscriviti, la nostra newsletter ti aspetta!

Iscriviti subito per rimanere aggiornato su mostre, eventi, artisti, libri.

Registrandoti confermi di accettare la nostra privacy policy.