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Ecco come si realizza il catalogo di una mostra fatta di video installazioni

di Redazione

È targato Marsilio Arte il catalogo della mostra "Nebula", allestita a Venezia nel Complesso dell’Ospedaletto. Abbiamo chiesto a Bianca Stoppani, Alessandro Rabottini e Leonardo Bigazzi, curatori del volume, di guidarci fra le sue pagine e fra le opere video che arricchiscono la rassegna organizzata dalla Fondazione In Between Art Film

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La nebbia come metafora di molteplici forme di disorientamento: è questo il punto di partenza e il tema ispiratore della mostra Nebula, allestita a Venezia, nel Complesso dell’Ospedaletto, fino al 24 novembre 2024. Ma come si “traducono” su carta le otto video installazioni commissionate dalla Fondazione In Between Art Film a Basel Abbas e Ruanne Abou-Rahme, Giorgio Andreotta Calò, Saodat Ismailova, Basir Mahmood, Cinthia Marcelle e Tiago Mata Machado, Diego Marcon, Ari Benjamin Meyers e Christian Nyampeta? Lo abbiamo chiesto ai curatori del catalogo edito da Marsilio Arte ‒ Bianca Stoppani, Alessandro Rabottini e Leonardo Bigazzi (questi ultimi anche curatori della mostra) ‒ e presentato in occasione del simposio interdisciplinare Thick Atmospheres a cura di Bianca Stoppani, organizzato in collaborazione con Palazzo Grassi, Pinault Collection Venezia presso il Teatrino di Palazzo Grassi dal 17 al 18 ottobre 2024.

Il catalogo della mostra Nebula raccoglie la sfida di restituire su carta l’esperienza delle video installazioni site specific allestite negli spazi veneziani del Complesso dell’Ospedaletto. Come avete strutturato il volume e quali scelte avete compiuto per rispondere a tale sfida?
Bianca Stoppani: La sfida è intrinseca al passaggio, o meglio al tentativo di traduzione, dal medium delle immagini in movimento a quello del libro: se lo spazio classico dell’esperienza cinematica è dato dalla relazione dinamica tra proiettore, schermo e immagine proiettata, lo spazio classico del libro è dato dalla relazione statica tra testo, immagine e pagina. Consapevoli di queste limitazioni, ci siamo chieste quali scelte avrebbero potuto, da una parte, documentare le video installazioni, sia individualmente, sia in relazione con lo spazio, e dall’altra raccontarne l’esperienza estetica, quando ci troviamo immerse nell’atmosfera della narrazione dell’opera e della mostra. È un ragionamento editoriale che, a partire dal catalogo della mostra precedente al Complesso dell’Ospedaletto, Penumbra, di cui questo catalogo è una continuazione e un approfondimento ulteriore, porto avanti con i co-curatori Alessandro Rabottini e Leonardo Bigazzi, rispettivamente direttore artistico e curatore di Fondazione In Between Art Film. Il catalogo di Nebula prova dunque a intrecciare queste dimensioni multiple: a ciascuna delle otto artiste è dedicata una sezione del libro che comprende la selezione cronologica di stills dall’opera, la sinossi e i crediti di produzione – questi ultimi in particolare sottolineano l’aspetto collaborativo insito nel medium. Segue un saggio appositamente commissionato per riflettere sull’opera e contestualizzarla all’interno della pratica più ampia dell’artista. Questo saggio è accompagnato da un apparato visivo che mette in luce, di volta in volta, un aspetto della lavorazione o della ricerca, spesso poco conosciuto, che ha portato alla realizzazione dell’opera. Il centro del libro ospita un’ampia documentazione fotografica delle opere in mostra e dell’allestimento, ponendosi come un diaframma che separa le opere al piano terra da quelle al primo piano del Complesso dell’Ospedaletto. Infine, i saggi di Rabottini e Bigazzi, curatori della mostra, e di 2050+, lo studio che ha progettato l’allestimento, riflettono sulle scelte curatoriali e scenografiche e sul dialogo che è stato instaurato tra le opere e lo spazio.

La mostra prende le mosse dalla nebbia come fenomeno che spinge a potenziare gli altri sensi per sopperire al deficit visivo, innescando una serie di riflessioni legate non soltanto alla sfera percettiva. In quale modo gli artisti di Nebula hanno fatto proprio questo tema e lo hanno tradotto nel linguaggio del video?
Alessandro Rabottini: La mostra assume l’immagine della nebbia come metafora di molteplici forme di disorientamento, come un fenomeno che da atmosferico si fa interiore e collettivo, una foschia che pervade tanto il campo visivo quanto un’intera epoca. Le opere toccano temi di natura diversa: la possibilità di smarrirsi nel paesaggio o di trovare in esso la salvezza è all’origine della riflessione sul tema delle migrazioni nell’opera di Basir Mahmood; l’architettura è uno spazio della memoria nelle opere di Ari Benjamin Meyers e di Giorgio Andreotta Calò, la musica e la voce come strumenti di riaffermazione sono centrali nell’opera ambientale di Basel Abbas e Ruanne Abou-Rahme. Altre opere esplorano ulteriori forme di frammentazione: il riverbero della Storia nelle esistenze individuali è presente nei film di Christian Nyampeta e Saodat Ismailova, la tensione tra esserci e scomparire ritorna nell’installazione di Diego Marcon così come l’impatto delle forze economiche e politiche sull’ambiente e sulla vita delle persone è al centro della doppia proiezione di Cinthia Marcelle e Tiago Mata Machado.

Dopo Penumbra, il Complesso dell’Ospedaletto torna ad accogliere una mostra della Fondazione In Between Art Film. Quali sono i limiti e i vantaggi derivanti dall’interazione fra le video-installazioni e uno spazio così fortemente connotato?
Leonardo Bigazzi: Il Complesso dell’Ospedaletto è un’architettura densa di stratificazioni temporali e spaziali che tanto noi in quanto curatori quanto gli artisti hanno sempre sentito come piena di risorse e possibilità. Un grande lavoro è stato fatto ‒ anche grazie alla collaborazione con lo studio interdisciplinare 2050+, responsabile dell’allestimento ‒ nel superare la logica per cui l’arte contemporanea può esistere solo o all’interno del formato del cubo bianco (il classico white cube dei musei e delle gallerie) o in quello della scatola nera (il black box del cinema e delle proiezioni). Oggi gli artisti che lavorano con le immagini in movimento spesso vanno ben oltre il meccanismo della proiezione frontale e Nebula racconta, in parte, anche questo destino di frammentazione della narrazione audiovisiva. Anche da un punto di vista formale ogni artista ha lavorato sulle molteplici implicazioni della nebbia in maniera differente: c’è chi, come Basir Mahmood, ha reso il tema della frammentazione della visione in maniera scultorea adottando uno schermo-paravento nella Chiesa di Santa Maria dei Derelitti, o chi, come Basel Abbas e Ruanne Abou-Rahme, lo ha reso in maniera ambientale, creando cioè una composizione di parole, suoni, immagini e luci che si dipana attraverso sei stanze dell’ex casa di riposo.

La pubblicazione del catalogo è affiancata dal simposio Thick Atmospheres, ospite del Teatrino di Palazzo Grassi a Venezia. Qual è l’obiettivo del simposio e come lo avete pensato?
Bianca Stoppani: Abbracciando una prospettiva che intreccia media e ambienti, Thick Atmospheres naviga tra i principali temi evocati dalle otto video installazioni di Nebula e approfondisce le idee che hanno informato sia la posizione curatoriale della mostra sia gli interventi architettonici ideati da 2050+ presso il Complesso dell’Ospedaletto. Durante le sue due giornate (17 – 18 ottobre 2024), Thick Atmospheres ha osservato le atmosfere in qualità di vettori densi di immagini e di eventi meteorologici: sostanze gassose che ci circondano, spazi fisici dove le immagini proiettate diventano tangibili, e agenti metaforici che imbricano realtà umane e più-che-umane. Le atmosfere vengono qui definite “spesse” poiché uniscono l’ambito planetario e l’ambito esistenziale, nonché quello elementale, quello mediale e quello relazionale. Le conversazioni, le tavole rotonde e le proiezioni di Thick Atmospheres hanno indagato questioni più ampie che riguardano l’atto del vedere e l’esperienza sensoriale delle immagini in movimento, dai loro contesti espositivi al rapporto tra architettura e proiezione di luci e suoni, alla distribuzione spaziale degli schermi e all’aspetto mobile della spettatorialità. Al contempo, il programma si è concentrato sulla pervasività delle immagini e dei contenuti mediatici, sulle relazioni corporee che essi condizionano e creano, e sulle continue conseguenze del Capitalocene e dei fenomeni complessi e di scala planetaria, sul senso di smarrimento e sulla possibilità di ritrovare un senso all’interno delle realtà con cui siamo mescolate. I partecipanti includevano: 2050+ / Ippolito Pestellini Laparelli, Maria Alicata, Mara Ambrožič Verderber, Giorgio Andreotta Calò, Karimah Ashadu, Lucia Aspesi, Cristina Baldacci, Erika Balsom, Leonardo Bigazzi, Lucrezia Calabrò Visconti, Krist Gruijthuijsen, Nav Haq, Sharon Hecker, Fatima Hellberg, Eleni Ikoniadou, Chrissie Iles, Saodat Ismailova, Amal Khalaf, Helena Kritis, Basir Mahmood, Diego Marcon, Lorenzo Mason, Studio Ari Benjamin Meyers, Matteo Pasquinelli, Alessandro Rabottini, Mark Rappolt, Giulia Rispoli, Francesco Spampinato, Mike Sperlinger, Carla Subrizi, Paola Ugolini, Ana Teixeira Pinto, Valentine Umansky e Isobel Whitelegg.

Intervista a cura di Arianna Testino

BIO
Bianca Stoppani è un ricercatorə che vive tra Londra e Torino. Nel ruolo di Editor a Fondazione In Between Art Film (2020-) ha co-curato i cataloghi Ali Cherri: Dreams of Dreamless Nights (2024) e Penumbra (2023); e il programma pubblico Vanishing Points. Ha anche curato la monografia Cleo Fariselli: Your Storm Our Dew (2023) e scritto per cataloghi e riviste.

Alessandro Rabottini è un critico d’arte e curatore che vive a Londra. È direttore artistico di Fondazione In Between Art Film (2020-). In questo ruolo ha co-curato le mostre Nebula (2024); Ali Cherri: Dreamless Night (2023-24); e Penumbra (2022). Ha inoltre curato mostre in musei e istituzioni, contribuito a cataloghi di musei e ha curato libri e cataloghi.

Leonardo Bigazzi è curatore di Fondazione In Between Art Film (2020-). In questo ruolo ha co-curato le mostre Nebula (2024); Ali Cherri: Dreamless Night (2023-24); e Penumbra (2022). È anche curatore di Lo schermo dell’arte (2008-); e fondatore e curatore di VISIO (2012-). Ha curato mostre e programmi di film e ha commissionato e/o prodotto più di trenta film d’artista.

INFO
Nebula
fino al 24 novembre 2024
COMPLESSO DELL’OSPEDALETTO
Barbaria de le Tole 6691, Venezia
https://inbetweenartfilm.com/

Cover photo: Basir Mahmood, Brown Bodies in an Open Landscape are Often Migrating, 2024 in Nebula, Fondazione In Between Art Film presso Complesso dell’Ospedaletto, Venezia, 2024. Courtesy dell’artista e Fondazione In Between Art Film. Photo Lorenzo Palmieri

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