«Che virtù infusa? Con incessante studio, e con ostinata fatica si acquistano questi doni, non si trovano già a sorte, né si ereditano dormendo[…]. Ho studiato più che quanto altri mai s’abbia fatto, negandosi sino alla stanchezza il notturno e necessario riposo.»
Con questa citazione di Carlo Cesare Malvasia, Francesca Cappelletti, curatrice del volume e della mostra, introduce la sua riflessione su Guido Reni e sulla tanto celebrata “perfezione” delle sue opere. Secondo Cappelletti, il testo di Malvasia, così come il Discorso sopra la pittura di Vincenzo Giustiniani sono fondamentali per «riflettere sul percorso di Guido Reni a Roma e aggiungere qualche tassello alla sua attività nella città del papa». Un ulteriore elemento che ci invita a riconsiderare il soggiorno romano dell’artista e la sua pittura di paesaggio è il ritorno alla Galleria Borghese della Danza Campestre, originariamente appartenuto al cardinale Scipione Borghese, poi andato disperso e acquistato dallo Stato italiano nel 2020. Il dipinto ha portato alla luce un aspetto poco noto della produzione di Reni, sebbene diverse opere e alcuni suoi disegni mostrino un certo interesse per la pittura “dal naturale”. Le scene campestri di Niccolò dell’Abate e di Agostino e Annibale Carracci, nonché i paesaggi realizzati da Domenichino, da Giovanni Battista Viola e da un fiammingo italianizzato della prima ora come Paul Bril, stabilitosi a Roma fin dagli ultimi decenni del Cinquecento, sono i termini di paragone di questa nuova visione della natura, fra scienza e poesia, coltivata fra Bologna e Roma all’inizio del Seicento. A Roma, del resto, città di confronto e sfide per gli artisti, il giovane Guido ha modo di scontrarsi con la maniera potente, rapida e drammatica di Caravaggio. Il racconto del rapporto fra Guido Reni e i suoi contemporanei, fra paesaggio e figura, termina con le vicende che preparano la realizzazione dell’Aurora, affresco eseguito fra il 1613 e il 1614 per il casino del cardinale Scipione Borghese, ma lascia intravedere, con la presenza di alcuni capolavori degli anni successivi, l’importanza e la lunga durata delle impressioni maturate durante il soggiorno romano.
Oltre ai saggi della curatrice e ai contributi di Daniele Benati, Anna Coliva, Francesco Gatta, Raffaella Morselli e Maria Cristina Terzaghi, il volume si arricchisce delle schede delle opere di Daniele Benati, Lucia Calzona, Mirella Cavalli, Romeo Pio Cristofori, Francesco Gatta, Sergio Guarino, Antonio Iommelli, Rafael Japón, Letizia Lodi, Pier Ludovico Puddu, Alessandra Rodolfo, Lara Scanu, Emanuela Settimi; infine, l’appendice curata da Romeo Pio Cristofori e Lara Scanu mette in evidenza le testimonianze relative alla presenza del pittore a Roma nei documenti contabili e nelle collezioni cittadine.
30,00 €