Henri Meillac e Ludovic Halévy trassero il libretto di Carmen dall’omonima novella (del 1845) di Prosper Mérimée. La prima rappresentazione ebbe luogo all’Opéra Comique di Parigi il 3 marzo 1875. Ultima fatica di Bizet – la cui morte tre mesi dopo fu anche legata alla delusione per il suo insuccesso –, Carmen apportò una poderosa ventata di novità all’interno della tradizione del teatro musicale francese, violando gli orizzonti d’attesa del benpensante pubblico parigino: sigaraie, contrabbandieri, donne di malaffare, traviamento, sensualità, carnalità, personaggi loschi ed equivoci non si confacevano certo agli ideali che la borghesia d’oltralpe preferiva vedere rappresentati in scena: il realismo di Mérimée, accettato sulla carta stampata, risultava, pur con tutti gli allegerimenti operati, troppo crudo nella trasposizione scenica.
Nel capolavoro di Bizet agisce finalmente una donna libera, fatale, sovente imbarazante, ma capace di parlar chiaro sin dall’inizio: «Quand je vous aimerai, ma foi je ne sais pas. / Peut-être jamais, peut-être demain; / mais pas aujourd’hui, c’est certain». Colpa di José, perciò, vivere la passione che prova per lei in modo profondamente distorto. Ma è una colpa cui neppure lei può sottrarsi. Questo perché il destino la trascina su una strada che ha un percorso praticamente obbligato, che ha per meta la punta di un coltello.
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