L’installazione di CZA alla 13. Biennale di Architettura di Venezia dona un corpo all’idea che le culture formali si propagano seguendo processi di “contagio” che combinano imitazione e innovazione, creando sequanze di manufatti legati da sottili variazioni su un tema comune. Gli armadi metallici che la compongono sono raggruppati intorno a uno spazio centrale pavimentato con “ciottoli” metallici di forma esagonale. Ognuno di essi mostra sul suo lato esterno una collezione di oggetti o di immagini legate dal principio del “quasi uguale”: scatole entomologiche, mattarelli da pane del Rajasthan, modelli in scala di sottomarini, fotografie di Ari Versluis ed Ellie Uyttenbroek di persone accomunate da abbigliamenti simili, edifici souvenir, un dipinto di Charlie Roberts, modelli architettonici di lavoro di CZA, facciate di edifici milanesi fotografate da Giovanni Silva. La rasomiglianza, piuttosto che l’“originalità”, è ciò che permette il dialogo tra gli uomini, e ciò che dà forma agli ambienti urbani che riconosciamo come sfondi amati delle nostre vite.
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