In questa indagine appassionante, a cavallo tra antropologia, archeologia e storia, Philippe Descola rivoluziona il nostro modo di guardare all’arte. Non identifica stili o correnti; non studia le circostanze filosofiche, sociali o economiche, le motivazioni estetiche o psicologiche alla base della figurazione, ma compone un inventario delle varie forme di «incarnazione» con cui gli esseri umani hanno rappresentato e rappresentano il sovrasensibile. Alcune di esse mettono radicalmente in discussione le nostre abituali categorie di pensiero, in particolare l’opposizione tra natura e cultura su cui si è costruita la moderna concezione del mondo. Non rappresentano l’incarnazione del Dio monoteista ma quella degli spiriti, delle divinità plurali e intermedie che interagiscono connettendo, e spesso confondendo, l’umano e il non umano. L’antropologo francese commenta tali forme muovendosi tra secoli, continenti e popolazioni, dall’Amazzonia alla Siberia, dall’Himalaya all’Australia.

Questo viaggio affascinante attraverso le manifestazioni del sovrasensibile rappresentate dall’«arte prima dell’arte» si conclude alle soglie del contemporaneo. Di quale invisibile le creazioni più originali di oggi sono l’incarnazione? E in che modo l’arte può aiutarci ad affrontare la questione dell’Antropocene?

Il saggio fa parte della collana “Lo stato dell’arte”, che nasce nell’ambito dell’omonimo progetto ideato da Palazzo Grassi – Punta della Dogana: attraverso volumi dedicati al rapporto originale tra l’arte e i temi decisivi del nostro tempo, grandi personalità internazionali della cultura riflettono su cosa sia e a cosa serva oggi l’arte, e ne sottolineano la centralità come dimensione fondamentale del mondo contemporaneo.