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Come sarà il Padiglione Italia alla Biennale Arte di Venezia 2024. Parla il curatore Luca Cerizza

di Redazione

L’opera di Massimo Bartolini è il fulcro del Padiglione Italia nell’ambito della Biennale Arte 2024 diretta da Adriano Pedrosa. Fin dal titolo l’attenzione è puntata sul suono e sull’ascolto. A descrivere il progetto è il curatore Luca Cerizza

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Mancano ormai poche settimane all’avvio di Stranieri Ovunque / Foreigners Everywhere, la 60. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, a cura di Adriano Pedrosa, in programma dal 20 aprile al 24 novembre 2024. A occupare gli spazi del Padiglione Italia alle Tese delle Vergini, nel contesto dell’Arsenale, è l’installazione sonora e ambientale di Massimo Bartolini, cuore del progetto Due qui / To Hear. Un lavoro basato sull’ascolto e sulla collaborazione, come racconta in questa intervista il curatore Luca Cerizza.

A partire dal titolo, l’elemento sonoro gioca un ruolo centrale nel progetto espositivo ideato per il Padiglione Italia. Quali temi mette in luce, attraverso il suono, il lavoro di Massimo Bartolini e come dialoga con i concetti alla base della mostra internazionale a cura di Adriano Pedrosa?
Con questa traduzione solo apparentemente sbagliata, il titolo suggerisce il carattere relazionale dell’ascolto, del suono. Ci si incontra per ascoltare e ascoltarsi, per dirla con una formula sintetica. D’altronde una caratteristica del lavoro di Bartolini, da sempre, è la delineazione di spazi esperienziali dove spesso il suono e la musica hanno un ruolo cruciale. Dove si parla dell’ascolto della differenza e della complessità, del rapporto tra individuo e molteplicità. Per esempio. Ma il progetto riprende e precisa tanti tempi che i nostri rispettivi percorsi hanno già toccato. Forse sarà tutto più chiaro dal vivo… con le orecchie (alle) tese…

Quali relazioni si instaurano tra l’opera di Bartolini e l’architettura del padiglione?
Di ascolto, anche qui. Il progetto vuole usare gli spazi nelle loro possibilità intrinseche, senza aggiungere nessuna forma di display, anzi riducendo, dove possibile, ogni superfetazione. Non tentare di rendere questi spazi un museo ma occuparli per quello che possono dare insieme alle opere. Ovviamente questa scelta è in linea con i nostri rispettivi percorsi professionali e il modo in cui abbiamo spesse volte pensato le mostre. D’altro canto è una scelta che ha anche un carattere di sostenibilità economica e ambientale.

L’intervento di Bartolini è il risultato di ciò che lui stesso definisce “jam session”: a collaborare alla riuscita del progetto sono musicisti e scrittori italiani e internazionali.
Sì, questo progetto è forse l’espressione più complessa e ambiziosa di una modalità di lavoro che Massimo segue dai suoi esordi, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Non solo ispirarsi a elementi narrativi e linguistici di altri artisti (nel senso più lato del termine) e di farne materia delle sue opere, ma anche di coinvolgere direttamente nella realizzazione del suo lavoro altre figure: musicisti, scienziati, scrittori, ma ovviamente anche artigiani con competenze specifiche. Si può dire che il suo approccio abbia un carattere “curatoriale”, che include altre voci, se ne prende cura, costruendovi delle relazioni. In questo senso, c’è uno scambio continuo tra noi due nella delineazione e realizzazione del progetto, fino a rendere più sottili i confini tra i nostri ruoli.

Ci racconta qualcosa in più?
In questo, come in molti casi nei quali abbiamo collaborato, l’inclusione è soprattutto legata al suono e alla musica. Dopo la stupenda esperienza del Pecci di Prato nel 2022 e la collaborazione con Gavin Bryars (uno dei padri del minimalismo e della musica di avanguardia dalla fine degli anni Sessanta), Gavin ha composto un nuovo pezzo insieme a suo figlio Yuri, su invito di Massimo.
Per l’opera principale della mostra, invece, abbiamo invitato Caterina Barbieri e Kali Malone a comporre un brano per l’occasione. Sono due musiciste molto giovani ma già importanti e rispettate nella scena elettronica e d’avanguardia, pur avendo una formazione classica. Conoscendo anche la loro amicizia abbiamo chiesto loro di comporre un pezzo in collaborazione, in cui sembrano completarsi l’un l’altra. Un piccolo sogno che è diventato realtà.

Come avete immaginato l’interazione degli spettatori con il progetto Due qui / To Hear?
Quella di suggerire loro degli spazi di percorrenza e sosta, dove poter ascoltare diverse suggestioni sonore ma, forse, soprattutto se stessi.

Intervista a cura di Arianna Testino

Massimo Bartolini, Aiuola (Oporto), 2008. C-print su alluminio. 125×200 cm. Foto: Attilio Maranzano, Courtesy Massimo De Carlo Milano, Frith Street Gallery London

BIO
Luca Cerizza (Milano, 1969) è curatore e scrittore d’arte. Vive a Torino e Milano.
Dal 2006 insegna Museologia e Studi Curatoriali al master specialistico della NABA, Nuova Accademia di Belle Arti a Milano. Autore di Alighiero Boetti. Mappa (Afterall, Londra 2008/Electa, Milano 2009) e de L’uccello e la piuma. La questione della leggerezza nell’arte italiana (Et al. Edizioni, Milano 2010), Cerizza ha una lunga attività di scrittore d’arte, focalizzata soprattutto sull’arte minimalista, post-minimalista, concettuale e quella dagli anni Novanta a oggi. I suoi ultimi saggi sono stati dedicati a Vincenzo Agnetti, Mel Bochner, Svenja Deininger, Massimo Grimaldi, Katharina Grosse, Henry Martin e Kazuko Miyamoto. Ha curato l’antologia dei testi critici di Tommaso Trini (Johan & Levi, Milano 2016), e le più complete monografie su Diego Perrone, Gianni Pettena (Mousse Publishing, Milano 2020), Massimo Bartolini (NERO Editions, Roma 2022, con Cristiana Perrella), e Kazuko Miyamoto (Silvana Editoriale, Milano 2024, con Zasha Colah ed Eva Fabbris).
Negli ultimi venticinque anni Cerizza ha organizzato mostre nei più diversi contesti espositivi in Italia e all’estero. Dall’inizio del suo lavoro curatoriale ha dimostrato un profondo interesse per le intersezioni tra arti visive, musica e suono, lavorando con musicisti come Bellows (Giuseppe Ielasi, Nicola Ratti), Fun Club Orchestra, Ryoji Ikeda, Carsten Nicolai, Walter Prati, Starfuckers, Vert, Mika Vainio. Tra i progetti curatoriali dell’ultimo decennio: le mostre personali di Tomás Saraceno (Museo di Villa Croce, Genova, 2014, con Ilaria Bonacossa), Kazuko Miyamoto (The Japan Foundation, Delhi, 2015), Gianfranco Baruchello (Raven Row, Londra, 2017), Tino Sehgal (OGR, Torino, 2018), la mostra Vincenzo Agnetti. NEG: Suonare le pause (Padiglione de l’Esprit Nouveau, Bologna 2021/Fondazione Antonio Dalle Nogare, Bolzano, 2022), e Massimo Bartolini. Hagoromo (Centro Pecci, Prato, 2022-23, con Elena Magini). Con Zasha Colah ha curato la personale di Prabhakar Pachpute (National Gallery of Modern Art, Mumbai, 2016), la mostra principale della terza Pune Biennale (Pune, India, 2016) e la mostra-convegno Campo Umano (Fondazione Antonio Ratti, Como, 2019).

INFO
Due qui / To Hear
dal 20 aprile al 24 novembre 2024
TESE DELLE VERGINI – ARSENALE
Venezia
https://www.labiennale.org/it

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