Sono un traguardo importante i 70 anni della Fondazione Giorgio Cini, voluta da Vittorio Cini sull’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia. Ancora oggi la Fondazione è un punto di riferimento per la cultura in Laguna e nel mondo. A raccontarla è Michele De Lucchi, celebre architetto e designer che ha contribuito al restauro dei suoi spazi. A cominciare dalla Manica Lunga…
La Fondazione Cini è una meta speciale. Dalla stazione di Venezia Santa Lucia si prende il vaporetto che attraversa il canale della Giudecca, passando prima per il porto con le navi da crociera per poi iniziare a zigzagare tra le fermate…
Zattere, Redentore, Zitelle fino a quando si attracca all’isola di San Giorgio. E si percepisce subito la sua indipendenza rispetto alla quotidianità di Venezia. Di fronte, la vista di San Marco – la fermata subito dopo – dichiara una relazione speciale tra il cuore della città e l’isola. È evidente: qui ci si trova in un mondo a parte.
Alla Fondazione Cini, dormendo nella foresteria, prendendo il caffe al mattino, ammirando la Giudecca, ho vissuto momenti di grande intensità intellettuale e spirituale. Ed è stato naturale farmi conquistare dallo spirito con cui Pasquale Gagliardi ne ha gestito i tesori artistici e architettonici, costantemente impegnato a rendere San Giorgio una destinazione prestigiosa e a presentare la Fondazione Cini come un’istituzione di respiro internazionale. Credo che, in futuro, la Fondazione potrà vivere cercando il dialogo con i cittadini di Venezia, ma soprattutto continuando a recitare il proprio ruolo di attore internazionale, capace di attrarre interesse da ogni parte del mondo. Vittorio Cini voleva che l’isola, con le sue meraviglie, risorgesse sull’impianto del vecchio convento benedettino e Gagliardi ha sempre avuto molto chiaro quest’obiettivo, lavorando per rendere il luogo quanto più rappresentativo di un’idea di architettura che spinge in alto le ambizioni e le aspettative del luogo.
LA NUOVA MANICA LUNGA, 2005
Il mio primo incontro con Gagliardi è avvenuto in occasione del restauro della Manica Lunga. Era il 2005. Il mio studio era stato invitato al concorso per trasformare l’antico dormitorio benedettino in una biblioteca. Confesso: ero contento e onorato ma anche preoccupato. Conoscevo lo spazio, lo avevo già visitato, ed ero rimasto abbagliato dalla sua magnificenza. Ma come potevo intervenire in un posto così perfetto? Come modificarne la funzionalità senza stravolgere la struttura originale? Come farlo vivere mantenendo il fascino del silenzio e dell’atmosfera conventuale?
La caratteristica più evidente della Manica Lunga è sicuramente l’effetto prospettico del lungo corridoio. È uno spazio forte, silenzioso, ascetico. Non volevo perdere la sensazione di magnificenza, anzi volevo esaltarla. E ripetevo a me stesso «questo spazio non va ingombrato». Tutto il progetto è stato ispirato da questo criterio. Ma il vero problema non era inserire i libri, quanto trasformare un ambiente senza predisposizioni tecniche in una biblioteca moderna, funzionale ed economica nella gestione. Era necessario integrare gli impianti e altrettanto necessario nasconderli. Così, con i libri abbiamo coperto i tubi, le bocchette dell’aria condizionata e tutte le altre attrezzature tecniche.
Le scaffalature corrono lungo tutta l’estensione delle pareti, mentre i tavoli per la consultazione si susseguono al centro. Un secondo livello di scaffali è accessibile grazie a una balconata, accentuando l’effetto prospettico grazie al raddoppio delle linee che portano all’orizzonte. I volumi disposti ordinatamente ci hanno anche permesso di enfatizzare il salto proporzionale tra il grande corridoio e le porticine delle celle. Questo rapporto tra il corridoio, inteso come salone comune, e lo spazio intimo delle celle è qualcosa di speciale.
La Manica Lunga era un convento di benedettini, dove ogni monaco seguiva la regola ora et labora e si dedicava a un aspetto particolare della vita sociale. C’era l’amanuense, lo studioso, il cuoco, il fabbro, l’apicoltore, il frutticoltore e via dicendo.
La divisione dei ruoli – almeno così come la immagino io – derivava dalla ricerca di un benessere sociale condiviso. E l’enfasi architettonica del corridoio pare mettere in evidenza che lo spazio d’intimità introspettiva delle celle non ha senso se non è combinato con un luogo comunitario, sociale, che si trova nel mezzo.
Oggi la Manica Lunga è una biblioteca d’arte, ancora in crescita, molto ammirata e visitata. Ricevo molti segni di stima per il mio intervento, ma ogni volta provo un po’ di imbarazzo: la meraviglia di quel posto non è certo legata a me, ma a Giovanni Buora che l’ha disegnata. Il mio merito è stato rispettare il più possibile la poesia di quello spazio.
Michele De Lucchi
Tratto dal volume La Fondazione Giorgio Cini. Settant’anni di storia, Marsilio Arte, Venezia 2022
BIO
Michele De Lucchi (Ferrara, 1951) si è laureato in architettura a Firenze ed è stato tra i protagonisti di movimenti come Memphis, Cavart, Alchimia. Ha disegnato complementi d’arredo e lampade per aziende come Artemide, Alessi, Hermès e Olivetti e ha progettato e ristrutturato edifici a livello internazionale. Ha curato inoltre numerosi allestimenti di mostre di design e arte e firmato la progettazione di edifici museali come la Triennale di Milano, il Neues Museum di Berlino, la Fondazione Cini a Venezia e le Gallerie d’Italia ‒ Piazza Scala a Milano.
INFO
FONDAZIONE GIORGIO CINI
Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia
www.cini.it
Foto cover: AMDL, Manica Lunga. Fondazione Giorgio Cini, Venezia. Photo Alessandra Chemollo
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