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Un viaggio in Toscana nel segno di Donatello

di Autori vari

La Madonna e il Bambino sono due indiscussi protagonisti dell’opera di Donatello. Ecco un itinerario per scoprire i più intensi capolavori dedicati alla maternità. Dalle sale di Palazzo Strozzi all’entroterra toscano

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Donatello, Madonna col Bambino, 1414 circa, Detroit Institute of Arts

Movimenti irrequieti e un sorriso spavaldo: il Bambino scolpito nella terracotta giunta a Firenze da Detroit rende la maternità un fatto ancora più umano

La Madonna, dai tratti adolescenziali, siede su un faldistorio, assicurandosi con la presa della mano sinistra che il suo irrequieto bambino, rizzatosi in piedi, non scivoli a terra. Quest’ultimo, infatti, sorridente e spavaldo, se ne sta tutto nudo in bilico sulla coscia sinistra della madre, tentando con una svelta torsione di avvolgersi in un lembo del suo velo. L’accostante ferialità della figurazione è enfatizzata dalla vivida policromia e dalle calde dorature, ancora ben conservate, che ricoprono la creta.
Fin dal suo ingresso nelle collezioni del Detroit Institute of Arts, l’allora direttore Wilhelm Valentiner (1940) mise in rilievo le strette analogie che legano la statuetta americana a una terracotta di identico soggetto nel Victoria and Albert Museum di Londra. […]
Se gli studi sono concordi nel collocare l’opera a Firenze, i nomi messi in campo circa il suo autore sono vari (A.P. Darr, in Darr, Barnet, Boström 2002); quello di Donatello è stato convincentemente proposto da Luciano Bellosi, che ha identificato lo scultore come il principale responsabile della rinascita della scultura in terracotta nella Firenze di primo Quattrocento (1977). […]
Le dimensioni ridotte lasciano intendere che il gruppo plastico non sia nato per l’altare di una chiesa, ma piuttosto per un contesto domestico, che recentemente si è suggerito di riconoscere nell’appartamento di Giovanni di Bicci de’ Medici, nell’inventario dei cui beni, stilato al momento della morte, nel 1418, è elencata «una figura di Nostra Donna piccola di terra cotta» (A.P. Darr, in Darr, Barnet, Boström 2002). È questo il più antico ricordo documentario di un’immagine devozionale modellata nella creta in una casa fiorentina, ma la descrizione generica, che potrebbe riferirsi tanto a un rilievo quanto a una figura a tutto tondo, non consente di stringere sull’identificazione dell’opera.

Laura Cavazzini

 

Donatello, Madonna col Bambino, 1420-1423 circa, Firenze, Musei Civici Fiorentini ‒ Museo Stefano Bardini. Foto Lensini Siena

La terracotta sembra quasi viva nelle mani di Donatello. Proprio come i gesti di un bambino annoiato che non si fa distrarre nemmeno da una melagrana dorata

La consuetudine di Donatello con la modellazione dell’argilla non s’interrompe mai e si traduce innanzitutto in continue variazioni sul tema prediletto della Madonna col Bambino. Tra le composizioni note, questa è forse l’ultima ad adottare la tipologia dell’altorilievo scontornato, prima che l’artista, in anni più inoltrati, si volga risolutamente al bassorilievo di formato rettangolare o centinato […]. Di estremo virtuosismo è qui la gradazione degli aggetti: il bimbo, le mani e la testa inclinata di Maria sono quasi a tutto tondo, mentre le braccia e il busto della madre sono ridotti a uno spessore minimo, così che la palpitante plasticità che prorompe dalla veduta frontale si rivela largamente illusoria a chi osservi l’opera di lato (come non era comunque previsto che si facesse). A differenza di altri casi, per i quali conosciamo un certo numero di repliche a calco tratte dal prototipo […], questa composizione ci è pervenuta in esemplare unico, reso ancor più prezioso dalla bella policromia, in larga parte originale, recuperata una quarantina d’anni fa sotto più tarde ridipinture (e forse un po’ generosamente integrata da toppe “a rigatino” sul ventre, la guancia e i capelli di Gesù).
Lo sguardo dei due protagonisti, l’uno nell’atto di ritrarsi, l’altra di sporgersi, è rivolto a un punto in basso a destra: se ne deduce che il rilievo doveva in origine essere collocato a una discreta altezza, decisamente al di sopra degli occhi degli spettatori. La storia antica del pezzo è però sconosciuta, come quasi sempre per questo genere di opere ‘minori’: sappiamo solo che alla fine dell’Ottocento si trovava nel vano scale di un edificio civile di Scarperia, in Mugello. Qui fu avvistato e prontamente acquistato da Stefano Bardini, il potentissimo, spregiudicato antiquario che nei decenni tra l’Unità d’Italia e la Prima Guerra Mondiale rifornì le maggiori collezioni d’Europa e d’America […]. In questo caso, tuttavia, Bardini non rivendette l’opera, che costituisce così uno dei pezzi più pregiati della raccolta che l’antiquario, morendo nel 1922, lasciò alla città di Firenze, allestita in quello che fu il suo sontuoso palazzo e negozio. Nella totale assenza di riferimenti documentari, la datazione della Madonna Bardini ai primi anni Venti del Quattrocento è stata solidamente stabilita da Luciano Bellosi grazie all’efficacissimo confronto tra il profilo di Maria e quello del bronzeo San Ludovico di Tolosa […]: la stessa bella testa, nobile e austera, gli zigomi alti, il naso elegante e sensibile. L’opera usciva così dall’incerto limbo attributivo nel quale era rimasta sino a quel momento, via via accostata in termini vaghi a tutti i grandi nomi del primo Rinascimento, da Jacopo della Quercia a Nanni di Banco, da Ghiberti a Luca della Robbia: anche quest’ultima alternativa, che ha resistito più a lungo delle altre, va ormai archiviata. Solo donatelliano è lo slancio del piccolo Gesù, che si va infagottando nel seno della madre, la quale un po’ lo trattiene e un po’ cerca di distrarlo offrendogli – con scarsa convinzione – una piccola melagrana dorata […].

Aldo Galli

 

Donatello (o da Donatello?), Madonna col Bambino (Madonna Mellon), 1422 circa, Washington, National Gallery of Art

Un sorriso leggero increspa le labbra della Madonna mentre tiene fra le braccia suo figlio. Senza nascondere la fatica e la naturalezza del gesto

[…] si tratta di una rara Madonna col Bambino a figura intera di Donatello, la cui opera include invece tanti santi e profeti in piedi […] i panneggi cadono in pieghe ponderose, mentre il Bambino pesa corpulento tra le braccia della madre. Al contrario di molte Vergini inquiete, quali la Madonna Pazzi […], Maria sorride qui apertamente, premendo il Bambino contro il suo seno in un gesto che mima quello dell’allattamento […].
La vicinanza con alcune opere di Donatello è evidente: il profilo della Vergine è molto prossimo a quello della Sibilla scolpita nel 1422 per la Porta della Mandorla della Cattedrale fiorentina […], il che conduce a datare l’opera intorno allo stesso anno. In quel periodo, Donatello stava dando gli ultimi ritocchi alla sua quarta e ultima figura per Orsanmichele, il San Ludovico di Tolosa […]: con ogni probabilità, la Madonna Mellon era anch’essa destinata a essere esposta entro una nicchia, come suggerisce la lavorazione sommaria del retro.
L’opera fu pubblicata per la prima volta da Wilhelm Bode (1921), che riconobbe in essa la mano di Donatello “poco prima o poco dopo il suo soggiorno a Padova”. Questa datazione tarda si spiega con il fatto che l’attività del giovane Donatello in terracotta era ancora sconosciuta all’epoca. L’insistenza di Bode nel collocare l’opera prima o dopo il decennio padovano indica inoltre che lo storico dell’arte tedesco era consapevole della provenienza fiorentina dell’opera. In quel momento la terracotta era già sul mercato newyorkese: sarebbe presto stata comprata dal banchiere Henry Goldman. Nel catalogo della collezione di quest’ultimo, Wilhelm R. Valentiner (1922) affermò che l’opera proveniva da “una cappella privata in uno dei palazzi della famiglia Pazzi a Firenze”. Tale provenienza, apparentemente simile a quella della contemporanea Madonna Pazzi, deve però essere presa con cautela.
Il recente restauro dell’opera da parte di Daphne Barbour, sotto la supervisione di Alison Luchs, ha confermato la natura altamente composita della policromia presente: non meno di tredici strati di colori sono rilevabili in alcuni punti. Queste numerose rilavorazioni succedutesi nel corso dei secoli rendono difficile decidere con certezza se la terracotta sia stata modellata (in tal caso da Donatello) o calcata […].

Neville Rowley

 

Donatello e bottega, Madonna col Bambino (Madonna Piot), 1440 circa, Parigi, Musée du Louvre, Département des Sculptures. Photographer: Stéphane Maréchalle © 2021. RMN-Grand Palais/Dist. Foto Scala, Firenze

Vetro, cera, dorature: la Madonna Piot è fatta di colore e grande attenzione alla materia, strumenti essenziali nelle mani di Donatello

Di quest’opera, acquistata a Firenze nel 1857 da Eugène Piot (1812 -1890) ed entrata al Louvre alla sua morte, colpisce innanzitutto l’insolito e suggestivo aspetto materiale. Il fondo è costituito da una distesa di medaglioni recanti anfore e cherubini in cera bianca su base rosso scura, incassati entro alveoli predisposti nell’argilla e sigillati da dischetti di vetro; di cera verde sono riempite le piccole losanghe tra i circoli, mentre è di un tono rosso-aranciato la cera inserita nei bracci della croce che attraversa l’aureola di Gesù. In origine tali inserti colorati e luccicanti (la gran parte dei quali è stata reintegrata sulla base dei pochi frammenti originali in occasione di un discusso restauro del 1959) dialogavano con la doratura che rivestiva integralmente le figure, creando l’illusione di un oggetto di metallo prezioso e smalti, di frastornante opulenza […]. Fin dal 1930 è andata perduta la monumentale cornice lignea che racchiudeva la scultura, e che Wilhelm Bode giudicava originale […].
Fu appunto Bode […] a segnalare la terracotta nel quadro della prima, fondamentale messa a fuoco della produzione donatelliana di rilievi devozionali a soggetto mariano, riferendola a un anonimo allievo all’opera sulla scorta di un modello del maestro. A rilanciare con decisione l’attribuzione a Donatello in persona fu, molti anni più tardi, John Pope-Hennessy (1976), indottovi soprattutto dalla grande affinità stilistica che leggeva tra la terracotta del Louvre e la bronzea Madonna Chellini, allora appena riemersa, opera certa dello scultore fiorentino che ne fece dono al proprio medico nel 1456 […]. Tale entusiasmo non è stato condiviso da tutti […], ma sembra davvero difficile negare a Donatello un’opera tanto singolare. […] Come è stato più volte ribadito, a convincere meno nel rilievo parigino è il piccolo Gesù, stereotipato nei lineamenti e di una nudità un po’ rigida e in posa, che mal s’accorda col naturalismo propriamente infantile e sempre animato dall’affiorare di incoercibili sentimenti dei Bambini donatelliani nelle Madonne di più immacolata autografia. […]
Le Madonne modellate da Donatello negli ultimi trent’anni di vita pongono da sempre gravi difficoltà di seriazione cronologica alla critica, che dispone di pochi punti fermi e deve misurarsi con un artista per eccellenza imprevedibile […].

Aldo Galli

 

Donatello, Madonna col Bambino (Madonna delle nuvole), 1425-1430 circa, Boston, Museum of Fine Arts

Il candore del marmo e lo “stiacciato” di Donatello regalano alla Madonna delle nuvole un’atmosfera eterea, quasi sospesa. Tutta da contemplare

Si tratta di uno dei più notevoli “stiacciati” di Donatello: la Vergine Maria è raffigurata seduta in mezzo alle nuvole, circondata da angeli e cherubini e sta portando Gesù Bambino contro il suo petto. Tale iconografia si ispira a due tradizioni ben distinte: da un lato, il tipo della Vergine seduta a terra, conosciuto come “Madonna dell’umiltà” e inventato nel xiv secolo a Siena […]; dall’altro, l’Assunzione della Vergine, nella quale quest’ultima viene portata tra le nuvole dopo la morte e senza il figlio, come Donatello l’ha rappresentata in un rilievo strettamente legato al nostro, appartenente al monumento funebre del cardinale Rinaldo Brancaccio nella chiesa napoletana di Sant’Angelo a Nilo […].
Il rilievo fu donato al Museum of Fine Arts di Boston nel 1917 da Quincy Adams Shaw, che l’aveva acquistato nel 1895 dall’antiquario fiorentino Stefano Bardini […]. Wilhelm Bode […] sosteneva che il rilievo provenisse da una chiesa romana, il che ha portato alcuni studiosi a datarlo agli anni del soggiorno nell’Urbe, cioè al 1432 -1433. Tale datazione sembra però troppo tarda, dato che lo stile ricorda così tanto gli anni Venti […]. Si può aggiungere infine che il rilievo fu copiato da molti artisti attivi in Toscana e non a Roma […].
Il formato del rilievo, quasi perfettamente quadrato, è insolito; ma non è stato alterato, come dimostra la cornice, incisa nel marmo e più o meno scavata in modo da creare un effetto spaziale. Hans Kauffmann […] e Georg Swarzenski (1942) hanno suggerito che l’oggetto costituisse il centro del piccolo Trittico del Pugliese citato da Vasari […], mentre quel tabernacolo custodiva in realtà la Madonna Dudley ora a Londra […]. Le tracce sul rovescio indicano che l’opera faceva piuttosto parte di una decorazione più ampia e che non era un oggetto portatile. John Coolidge (1973) ha proposto di ravvisarvi la pala d’altare della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo a Firenze, cosa impossibile da dimostrare, tanto più che quell’altare, per ragioni liturgiche, non poteva accogliere una pala […].
Chiunque sia stato lo spettatore originale del rilievo, dovette rimanere stupito dallo sguardo diretto di Cristo, dal profilo rassegnato della Vergine e dal gesto dell’angelo nell’angolo in alto a destra, che sembra aver rimosso da pochi istanti una pesante tenda per permetterci di contemplare la scena sacra.

Neville Rowley

Tutti i testi precedenti sono tratti dal catalogo della mostra Donatello, il Rinascimento (Palazzo Strozzi e Museo Nazionale del Bargello, Firenze, dal 19 marzo al 31 luglio 2022), Marsilio Arte, Venezia 2022

Donatello, Madonna col Bambino, 1410-1412 circa, Pontorme, Empoli, Chiesa di San Martino. Foto Luca Lupi

A Pontorme, vicino a Empoli, nella chiesa di San Martino, c’è una delle pochissime Madonne che Donatello ha voluto rappresentare in piedi. Vale il viaggio

A causa della sua collocazione in una piccola chiesa non lontana da Empoli, quest’opera è stata a lungo trascurata dagli studiosi, anche se si è concordi oggi nel riconoscere che si tratta di un capolavoro di Donatello. Le affinità sono molto stringenti con il grande David in marmo ora al Museo Nazionale del Bargello, scolpito per la Cattedrale fiorentina tra il 1408 e il 1409, e con il San Pietro creato all’inizio del decennio successivo per la nicchia dell’Arte dei Beccai e Pesciaioli all’esterno della chiesa di Orsanmichele.
La Madonna di Pontorme deve essere intesa come una vera trasposizione del San Pietro in una tecnica diversa: il panneggio non ha più memoria delle curve e controcurve del mondo gotico, ma emerge una vera monumentalità ispirata al mondo classico. Non è impossibile che il materiale stesso della terracotta, che non era stato usato nelle arti figurative durante tutto il Medioevo, sia stato apprezzato da Donatello e dai suoi contemporanei per la fortuna che aveva invece avuto nell’antichità.
Lo scultore fiorentino ha dato alle sue figure molta umanità: la Vergine è umile, sollecita, mentre il suo Bambino si rivolge con grande naturalezza verso lo spettatore. Più tardi, Donatello non si sarebbe molto preoccupato di rappresentare Madonne in piedi, preferendo concentrarsi più da vicino sulla relazione tra madre e figlio.

Neville Rowley

Donatello, Madonna col Bambino, due angeli e due profeti, 1415-1420 circa, Prato, Museo di Palazzo Pretorio. Foto Filippo Tattini

Sciolsero il loro sodalizio per una lite sui denari. Ma da questo tabernacolo pratese si capisce quanto Donatello e Filippo si diedero reciprocamente. E la dolcezza della Madonna è esaltata dallo studio della prospettiva

Al Museo di Palazzo Pretorio di Prato c’è un tabernacolo fittile di importanza storica capitale: si tratta di una delle rare opere di Donatello in terracotta che si possono datare con relativa certezza, verso il 1417. I due angeli che affiancano la Vergine e il Bambino sono infatti quasi sovrapponibili alla principessa scolpita nel rilievo del San Giorgio e il drago, predella della nicchia dell’Arte dei Corazzai e Spadai nella chiesa di Orsanmichele, documentata in quell’anno (e oggi al Bargello). All’epoca, Donatello lavorava regolarmente con Filippo Brunelleschi: i due artisti avevano formato una “compagnia” intorno al 1410 per due statue nella stessa Orsanmichele, San Pietro e San Marco. Se questo sodalizio fu sciolto l’anno successivo o poco dopo per disaccordi finanziari, i due amici rimasero comunque legati: nel 1419 Donatello partecipò alla creazione di un modello per la cupola del Duomo fiorentino, che sarebbe diventata il capolavoro di Brunelleschi e dell’intera arte rinascimentale.
Il rilievo di Prato testimonia questi continui scambi tra scultura e architettura: le figure sono infatti inserite in una nicchia all’antica, con un grado di studio archeologico sconcertante per l’arte dell’epoca. Pilastri e capitelli sembrano essere copiati direttamente da monumenti romani; quanto al fregio che corre lungo la base del rilievo, esso riprende i giochi prospettici in parte utilizzati nella nicchia del San Pietro di Orsanmichele, esercizi spaziali che furono all’origine dell’invenzione della prospettiva matematica in quegli stessi anni.
Il dettaglio più notevole si nota nei due profeti incastonati nei pennacchi della nicchia, che guardano con grande disinvoltura le figure sacre. La loro natura abbozzata suggerisce che l’attuale tabernacolo possa essere stato concepito come modello per un’opera in pietra di maggior formato, paragonabile alle nicchie di Orsanmichele.

Neville Rowley

Donatello, Madonna del Perdono, 1458 circa, Siena, Museo dell’Opera della Metropolitana, © Opera della Metropolitana Aut. n. 978/2021

Nel Duomo di Siena una delle ultime Madonne di Donatello realizzata in marmo. Attorno a lei, serafini e cherubini evanescenti perché ottenuti con la tecnica dello “stiacciato”

Quando Donatello giunse a Siena nel 1457, si avvide che Urbano da Cortona era ormai alla fine di un’impresa – la realizzazione della Cappella della Madonna delle Grazie (poi smantellata nel Seicento) – che lui avrebbe saputo svolgere con altro piglio, ma a quel punto non si poteva ricominciare da capo. Così si limitò a scolpire un tondo con la Madonna col Bambino da mettere al posto di quello di Urbano al centro del timpano, e che oggi è tra i capolavori del Museo dell’Opera. Il tondo è conosciuto come “Madonna del Perdono”, perché una volta rimosso dall’altare delle Grazie finì sopra un accesso laterale del Duomo, detto Porta del Perdono (dove oggi lo sostituisce una copia). La differenza tra il marmo di Urbano e quello donatelliano è sconcertante: le figure del cortonese sembrano quasi dei pupazzi, a fronte della geniale invenzione del maestro fiorentino, tutta giocata su effetti prospettici e naturali. In uno scorcio attentamente studiato per la visione dal basso, la “Madonna del Perdono” fuoriesce con formidabile energia da un oculo tridimensionale, decorato di lacunari all’antica. La Vergine a mezza figura, col netto profilo del volto che ricorda la Giuditta (cominciata a Firenze per i Medici giusto prima di partire per Siena), siede di tre quarti sulle nubi, voltandosi a guardare il figlio, aggrappato a lei in un equilibrio precario, ma reso sicuro dalle possenti mani della madre. L’ampio mantello che cala dalla testa di Maria si raggruma alle forme del corpo, quasi fosse bagnato e volesse rendere l’effetto pittorico del bronzo, quando invece Donatello ha scolpito un marmo – cosa veramente rara per l’ultima fase della sua carriera –, delineando, con l’assistenza di collaboratori, alcune evanescenti teste di cherubini o serafini nel fondo, con la tecnica dello “stiacciato”.

Gabriele Fattorini
I tre testi precedenti sono tratti da Donatello in Toscana. Itinerari (a cura di Francesco Caglioti), Marsilio Arte, Venezia 2022

Foto cover: Donatello e bottega, Madonna col Bambino (Madonna Piot), 1440 circa, Parigi, Musée du Louvre, Département des Sculptures. Photographer: Stéphane Maréchalle © 2021. RMN-Grand Palais/Dist. Foto Scala, Firenze

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